
Meloni supera Craxi e festeggia: il suo è il terzo Governo più longevo. Strategia e incognite
«Oggi il Governo che ho l’onore di guidare diventa il terzo più longevo della storia repubblicana. Continueremo a lavorare con serietà, determinazione e senso di responsabilità per essere all’altezza del mandato che ci avete affidato». Giorgia Meloni, alla vigilia del terzo compleanno dell’Esecutivo – che ha giurato al Quirinale il 22 ottobre 2022 – affida a un post sui social il ringraziamento agli elettori. «Il vostro sostegno e la vostra fiducia – aggiunge – sono il motore della nostra azione quotidiana».
I numeri: ora restano da battere solo i Governi Berlusconi 2 e 4
Più volte nelle scorse settimane, durante i comizi a sostegno dei candidati alle regionali, Meloni ha citato tra le prime «previsioni smentite» della sinistra quella della presunta breve durata che il Governo di destra avrebbe avuto. I numeri danno ragione alla premier: oggi l’Esecutivo taglia il traguardo dei 1.094 giorni, superando il primo Governo di Bettino Craxi che era rimasto in carica per 1.093 giorni nel periodo compreso tra il 4 agosto 1983 e il 1° agosto 1986. Aveva già superato l’Esecutivo di Matteo Renzi, durato 1.024 giorni (dal 22 febbraio 2014 al 12 dicembre 2016). E adesso corre per battere i record dei Governi di Silvio Berlusconi: il Berlusconi II è il più lungo della storia della Repubblica, rimasto in carica per 1.412 giorni tra l’11 giugno 2001 e il 23 aprile 2005. Al secondo posto c’è il Berlusconi 4, con 1.287 giorni: dall’ 8 maggio 2008 al 16 novembre 2011.
La stabilità come valore
Non si tratta di semplici calcoli da calendario. Perché la stabilità politica, per Meloni, va di pari passo con la prudenza nella gestione dei conti pubblici, confermata dalla manovra più leggera dell’ultimo decennio: poco più di 18 miliardi. Stabilità e prudenza sono i pilastri scelti dalla premier, in tandem con il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, di una strategia complessiva per acquisire al Paese quella credibilità troppo spesso mancata in passato.
I verdetti delle agenzie di rating
Un asset che sta valendo all’Italia la fiducia dei mercati, come dimostrano i recenti verdetti delle agenzie di rating: la promozione di Fitch da BBB a BBB+ (con outlook stabile), la conferma di Standard&Poor’s che aveva promosso il Paese ad aprile e lo ha confermato e, da ultimo, il rialzo di Dbrs Morningstar ad A da BBB, con trend stabile. La spiegazione sta proprio nel binomio stabilità-credibilità: l’Italia – ha sottolineato Dbrs – sta attraversando un «periodo di stabilità politica che garantisce maggiore prevedibilità nell’eleborazione delle politiche e credibilità nei suoi piani di bilancio». Tutto il contrario della Francia, che infatti sconta il peggioramento dei giudizi. Il prossimo passo sarà Moody’s il 21 novembre: a maggio aveva confermato per l’Italia il rating a BAA3 (un gradino sopra “junk”, il livello spazzatura), alzando però l’outlook da stabile e positivo. Se anche quella revisione suonerà al rialzo, Meloni e Giorgetti potranno tirare un sospiro di sollievo.
Il sentiero disegnato con Bruxelles
Il merito, naturalmente, non è soltanto del Governo. L’Europa è stata determinante nel richiamare gli Stati membri a rientrare dagli sforamenti con i Piani di bilancio strutturali di medio termine. Un compito che, però, l’Italia sta attuando con particolare diligenza, con l’obiettivo di uscire con un anno di anticipo, già nel 2026, dalla procedura di infrazione per deficit eccessivo e attivare la clausola di salvaguardia nazionale del Patto di Stabilità e crescita, che vale un massimo dell’1,5% del Pil in flessibilità per escludere le spese per la difesa.
Fonte: Il Sole 24 Ore