
Mercati, è corsa alle emissioni societarie (ma occhio ai titoli Usa high yield)
«Avanti con il credito high yield, ma lontano dagli Stati Uniti». La corsa a emettere nuove obbligazioni societarie prosegue senza tregua e viaggia a velocità record da inizio anno su entrambe le sponde dell’Atlantico, mentre i mercati non sembrano ancora avvertire tensioni e anzi hanno mantenuto nelle ultime settimane gli spread creditizi sostanzialmente stabili sui livelli precedenti il famigerato Liberation-Day attorno ai 300 punti base. Mike Scott si allinea alla loro visione e resta ancora pienamente convinto delle opportunità presenti fra i titoli corporate, non può tuttavia rinunciare a una buona dose di cautela nei confronti dei bond made in Usa con maggior grado di rischio.
Il motivo in sé è piuttosto semplice e immediato per il responsabile a livello globale High Yield & Credit Opportunities di Man, abituato com’è ad analizzare ciascuna singola azienda e a mettere in relazione le sue prospettive con i rendimenti offerti. Tanto in America quanto in Europa, i differenziali high yield si mantengono infatti in questo momento appaiati, ma «negli Stati Uniti – spiega però Scott a Il Sole 24 Ore – le valutazioni sono eccessive, visto che rispetto alla media di lungo periodo gli spread creditizi non sono mai stati così ristretti nel 90% dei casi».
Valutazioni e opportunità
Tutto questo non rappresenta in sé necessariamente un segnale di pericolo, che l’esperto ravvisa semmai in altri segmenti Usa quali i leveraged loan, il mercato dei prestiti a prestiti leva triplicato nel giro di pochi anni a 1.400 miliardi di dollari, e per il credito privato, non quotato e anche questo in crescita esponenziale. Si tratta essenzialmente appunto di un tema di valutazioni relative e quindi di opportunità: «Per vedere valore nei bond ad alto rendimento degli Stati Uniti, questi dovrebbero essere scambiati con uno spread più ampio nei confronti di quelli d’Europa, dove si trovano aziende di qualità di gran lunga più elevata dal punto di vista del credito» sostiene Scott, ricordando come a differenza di quanto avviene per l’azionario, nel Vecchio Continente il mercato sia costituito da «società molto meno legate al ciclo economico e con fondamentali creditizi più solidi, anche se in genere di dimensioni più piccole».
Non è certo un sostenitore di un approccio di investimento basato sui rating Scott, convinto che quella fornita dalle agenzie sia una valutazione con lo specchietto retrovisore: «racconta essenzialmente come l’azienda analizzata sia arrivata alla situazione odierna, non come si comporterà in futuro» sostiene l’esperto, mettendo a sua volta in evidenza il ruolo del gestore che «deve capire l’evoluzione dei flussi di cassa nel lungo termine». All’atto pratico i fondi di Man hanno di sicuro una maggiore esposizione verso il debito «B», ma questo è dovuto a un mix di fondamentali e valutazioni sulle singole aziende ed esistono anche opportunità interessanti nel mondo delle «triple C», ma sempre in Europa.
Italia in luna di miele
E se sui settori l’indicazione principale è per le aree che in genere possono garantire flussi di cassa relativamente più stabili anche in contesti economici problematici, magari grazie alla garanzia offerta da contratti (immobiliari in primo luogo, ma anche finanziari, se si esclude il debito subordinato) fra i Paesi Scott osserva l’Italia con lo stesso sguardo favorevole che le riservano al momento i mercati. Parlando di un segmento, quello dei titoli high yield, che vale circa il 15% di quello continentale, Scott sottolinea come nel nostro Paese «esista un patrimonio industriale molto ricco e si possano trovare aziende di qualità e con business davvero unici che sono in genere scambiate a valutazioni più convenienti rispetto all’Europa occidentale».
Fonte: Il Sole 24 Ore