
Mercato dell’arte giù per il secondo anno con volumi in crescita sui bassi prezzi
Da un paio di anni si parla del rallentamento del mercato dell’arte e i numeri lo confermano. Dal nono “Art Basel e Ubs Global Art Market Report”, firmato da Clare McAndrew, emerge che nel 2024 le vendite si sono contratte, per il secondo anno di seguito, del 12% fino a 57,5 miliardi di dollari (nel 2023 del 4% fino a 65 miliardi), colpendo le case d’aste più delle gallerie, con un calo rispettivamente del 25% e del 6%. Nonostante ciò, il numero delle transazioni è salito del 3% fino a 40,5 milioni, riflettendo un certo dinamismo, soprattutto, nella fascia bassa del mercato. La fascia alta ha sofferto di più, tanto che è calato del 39% il numero dei lotti sopra i 10 milioni di dollari venduti all’asta. Quindi è un’evoluzione che può essere letta addirittura come positiva, perché indica un allargamento del mercato; il numero di opere vendute sotto i 50mila dollari è aumentato, raggiungendo nuovi compratori, sia in galleria che all’asta. “Continuare ad espandere il mercato a nuovi pubblici, anche attraverso lo scambio relativamente senza vincoli di opere d’arte tra confini, rimarrà un aspetto essenziale per la crescita sul lungo termine” ha dichiarato McAndrew, e qui il riferimento è certamente a Trump e alla sua politica dei dazi.
Un calo a livello globale
Gli Usa mantengono la loro posizione leader nel mercato globale, con il 43% delle vendite, nonostante il valore sia sceso del 9% a 24,8 miliardi di dollari. La Gran Bretagna, invece, ha riconquistato la seconda posizione che aveva precedentemente perso, scalzando adesso la Cina e arrivando al 18% di quota di mercato, benché abbia lasciato sul terreno il 5% anno su anno fino a 10,4 miliardi di dollari. La Cina, che era cresciuta del 9% nel 2023, ha perso il 31% scendendo a 8,4 miliardi di dollari. In Asia, la Corea del Sud ha perso il 15%, mentre il Giappone in controtendenza è salito del 2%. Anche la maggior parte dei mercati europei sono rallentati, nel complesso dell’8%. L’Italia ha perso il 10%.
Le gallerie
Come dicevamo più sopra, il calo riguarda soprattutto le aste e la fascia alta del mercato. Le gallerie se la sono passata meglio, soprattutto, quelle con fatturato annuale sotto i 250mila dollari, che hanno registrato un aumento del 17% delle vendute. Quelle con fatturato tra uno e cinque milioni hanno avuto un incremento più moderato, pari al 10%. Invece le gallerie con fatturati sopra ai 10 milioni hanno registrato un calo del 9%.
Il trend delle artiste, invece, non conosce flessioni. Infatti, la rappresentanza delle donne tra i galleristi è cresciuta del 6% dal 2018 fino al 41%. Soprattutto sul mercato primario, quindi, per le artiste contemporanee, la quota è arrivata al 46% dal 36% del 2018. Le loro vendite sono arrivate al 42%. Rimane la minoranza, ma rappresenta certamente un grande passo in avanti rispetto al passato.
Eppure, l’arte contemporanea ha dimostrato maggiori difficoltà, infatti, i prezzi più elevati sono stati registrati sugli artisti già affermati, mentre quelli contemporanei sono stati venduti a valori più bassi. Le gallerie che trattano solo arte contemporanea hanno sofferto le perdite maggiori, fino al -11% delle vendite, mentre settori più tradizionali, come l’arte moderna e gli Old Masters, hanno performato meglio. I mezzi espressivi tradizionali continuano a dominare il mercato, come la pittura, la scultura e le opere su carta, poiché essi rappresentano una scelta meno rischiosa in tempi incerti. L’arte digitale rappresenta solo l’1% delle vendite, con un calo di interesse rispetto al 2022.
Fonte: Il Sole 24 Ore