Meta si unisce al fronte dei ricorsi contro Agcom per gli obblighi sui server
Il fronte contro la delibera Agcom sulle Content Delivery Network (Cdn) si allarga. Dopo Netflix, Amazon Web Services (Aws) e Cloudflare – che si sono mosse, come anticipato sul Sole 24 Ore dello scorso 4 novembre – anche Meta ha deciso di impugnare davanti al Tar del Lazio la decisione dell’Autorità che, lo scorso agosto, ha esteso alle Cdn gli obblighi di autorizzazione generale previsti per gli operatori di telecomunicazioni.
Una “guerra di posizione” in cui ora si inserisce la mossa del colosso di Menlo Park, proprietario di Facebook, Instagram e WhatsApp.
Un portavoce spiega: «Meta ha presentato ricorso contro la delibera dell’Agcom sulle Cdn perché viola le normative europee e italiane in materia di telecomunicazioni e rischia di compromettere l’innovazione e gli investimenti nell’ecosistema digitale italiano. Se attuata, questa delibera, danneggerebbe inoltre l’esperienza degli utenti, spingendo le aziende a fare affidamento su connettività al di fuori dell’Italia, con conseguenti peggiori prestazioni e un’esperienza inferiore per gli utenti italiani. Questa delibera – prosegue il portavoce Meta – tenta di introdurre delle network fee, nonostante le gravi carenze e le diffuse critiche rivolte a iniziative analoghe a livello europeo.»
Dietro l’affondo c’è quella che le piattaforme Usa ritengono una batrtaglia decisiva. Le Cdn – quei server disseminati sul territorio per avvicinare i contenuti agli utenti e velocizzare lo streaming e i collegamenti – rappresentano una parte invisibile ma determinante dell’economia digitale. E soprattutto, mettono in evidenza le Big Tech, sono infrastrutture costruite con investimenti privati e non destinate a trasportare dati di terzi. Ecco perché, nel settore, molti considerano un salto concettuale equipararle alle reti delle telco.
Il punto sollevato dai ricorrenti va dritto a una conseguenza che le Big Tech considerano inevitabile con l’applicazione dei dettami della delibera Agcom. L’idea di fondo, che sottende ai ricorsi, è che se i proprietari di Cdn venissero regolati come operatori di Tlc si aprirebbe la porta alla famigerata “network fee”: la tassa di rete invocata da anni dagli incumbent europei ma respinta da Bruxelles per non intaccare la neutralità del web.
Fonte: Il Sole 24 Ore