“Mia madre durante il ricovero ha contratto una grave infezione. Cosa si può fare?”

“Mia madre durante il ricovero ha contratto una grave infezione. Cosa si può fare?”

Mia madre è una paziente fragile, anziana e affetta da comorbilità (diabete, ipertensione, colesterolo). A giugno 2025 è stata ricoverata in ospedale per un intervento di routine che, sulla carta, avrebbe richiesto pochi giorni di degenza con il pieno recupero in breve tempo. Purtroppo, le cose sono andate molto diversamente, poiché in pochi giorni le sue condizioni sono rapidamente peggiorate: febbre alta, dolori muscolari, affaticamento. A noi familiari non venivano fornite spiegazioni soddisfacenti in merito alle reali cause di questo peggioramento; solo dopo alcuni giorni abbiamo scoperto che mia madre aveva contratto Candida auris (Candidozyma auris – ndr). La terapia è iniziata molto in ritardo e mia madre ha rischiato di perdere la vita. In questi mesi abbiamo affrontato tante difficoltà, oltre a dover gestire gli effetti nefasti sullo stato di salute di mia madre, noi familiari abbiamo riscontrato una grande mancanza di trasparenza su questo tema da parte della struttura sanitaria e degli operatori. Non è possibile mettere in atto azioni che prevengano questa come altre infezioni ospedaliere? Quali sono i diritti dei pazienti? (Francesca B, – Roma)

Può accadere che un cittadino in condizioni di degenza per un ricovero o dopo un intervento sanitario (ad esempio un’operazione chirurgica) possa contrarre una infezione. Le infezioni correlate all’assistenza (Ica), comunemente note come infezioni ospedaliere, rappresentano una delle principali sfide per la sicurezza dei pazienti e la qualità delle cure. Queste infezioni insorgono durante il ricovero in ospedale o in altre strutture sanitarie e non erano presenti o in incubazione al momento dell’ingresso. Possono manifestarsi anche dopo la dimissione, fino a 3 giorni dopo o fino a 30 giorni dopo un’operazione. La Candidozyma auris, già nota come Candida auris, è un fungo spesso resistente agli antimicotici, capace di causare gravi infezioni nei pazienti più vulnerabili. Tra il 2013 e il 2023, i Paesi Ue e dello Spazio economico europeo hanno registrato oltre 4mila casi, con un aumento significativo nell’ultimo anno monitorato: 1.346 infezioni confermate da 18 Paesi solo nel 2023, il numero più alto da quando il fungo è stato segnalato in Europa nel 2014. In Italia, si registrano dati preoccupanti relativi alle infezioni ospedaliere: nel 2022-2023, circa 430 mila persone ricoverate hanno contratto un’infezione ospedaliera (8,2%), un dato superiore alla media europea (6,5%).

Secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, ogni 100 pazienti ricoverati, 7 nei Paesi ad alto reddito e 15 in quelli a basso e medio reddito contraggono un’infezione, e uno su dieci va incontro al decesso. Il 70% di queste infezioni potrebbe essere evitato con maggiore prevenzione e formazione del personale. Nel caso in cui un cittadino contragga un’infezione ospedaliera, c’è la possibilità di valutare, caso per caso, se ci siano state gravi negligenze da parte della struttura e la mancata applicazioni dei protocolli di sicurezza ed intraprendere, eventuali azioni legali e non a tutela dei diritti lesi. In ogni caso, una maggiore trasparenza da parte delle strutture, la prevenzione delle infezioni e un tempestivo intervento per arginarle, rimangono le azioni principali da mettere in campo a tutela dei cittadini.

Nel 2023 Cittadinanzattiva e FIASO hanno promosso la “Carta della qualità e della sicurezza delle cure”, che propone dieci punti chiave e quarantasette azioni concrete per migliorare la sicurezza in ospedale. Ecco alcuni consigli pratici:

Fonte: Il Sole 24 Ore