
Micam e Mipel, le aziende puntano al rilancio. Settori in difficoltà
Calzature e pelletteria stanno vivendo un momento molto complesso: da ormai più di un anno e mezzo hanno visto calare i propri fatturati, anche a causa del rallentamento delle commesse dei big del lusso. E le edizioni di Micam e Mipel in corso, rispettivamente giunti alle edizioni numero 100 e 128 fino a oggi a Fiera Milano Rho, rappresentano un importante test: anticipate rispetto agli anni scorsi per ragioni logistiche (la fiera ospiterà alcune discipline olimpiche e i lavori sono in corso), durante le due manifestazioni le aziende espositrici faranno i conti (letteralmente) con i compratori, italiani e soprattutto esteri, per capire se per la primavera estate 2026 è auspicabile o meno la tanto attesa “inversione di marcia”.
Calzature, nel primo semestre ricavi e produzione in calo
Secondo i dati del Centro Studi di Confindustria Accessori Moda, il settore delle calzature nei primi sei mesi del 2025 ha registrato un calo sia del fatturato (-5,6%, secondo i partecipanti alla rilevazione) sia della produzione industriale (-9,5% secondo Istat, con un miglioramento a -7,5% tra aprile e giugno). L’export ha registrato un andamento a due velocità: il numero di paia esportate è salito del 3,2% nei primi cinque mesi del 2025, ma il valore dell’export è calato del 2,7% complice una frenata dell’ex Urss e dell’Estremo Oriente. I dazi al 15%, in vigore dal 7 agosto, poi, potrebbero avere un riflesso negativo sugli Stati Uniti che nel 2024 erano il secondo mercato per esportazioni in valore (1,4 miliardi circa): «I dazi potrebbero ripercuotersi sulle decisioni di acquisto della clientela americana e direttamente sulla marginalità delle imprese esportatrici nel caso decidessero di “assorbire” in tutto o in parte la nuova tariffa», ha detto Giovanna Ceolini, presidente di Assocalzaturifici. Il Micam è una delle fiere di riferimento del settore e ospita 870 espositori con le aziende estere che superano di poche decine quelle italiane.
Pelletteria, export a -7,5% tra gennaio e maggio 2025
I marchi in esposizione a Mipel, invece, sono circa 200 tra produttori di borse, accessori e piccola pelletteria. Il settore ha archiviato un primo semestre definito «insoddisfacente»: il fatturato è sceso del -6,9% (nel campione di associati sondato dall’ufficio studi di Confindustria Moda). Con l’export a -7,5% e il mercato interno stagnante (-2,2%). «In una fase complessa per il comparto, è fondamentale mantenere saldi i punti di riferimento e continuare a creare spazi di apertura, confronto e opportunità di business, soprattutto a sostegno delle piccole e medie imprese che costituiscono l’ossatura del settore», ha commentato Claudia Sequi, presidente di Assopellettieri.
Le voci degli espositori
Interpellati nell’ultima giornata di fiera, gli espositori danno feedback “tiepidi” sulle manifestazioni: «Siamo contenti, puntiamo ad allargarci nella prossima edizione – ha detto Marco Barachini, ad dell’azienda calzaturiera di Vicopisano (Pi) che, oltre al marchio proprietario Luciano Barachini, ha in licenza i marchi Jeannot e Menbur (questo da pochi mesi) -. I clienti importanti non sono mancati, anche nel complesso l’afflusso è diminuito. La fiera però è un momento importante di confronto con gli addetti ai lavori. Credo che i nostri buoni risultati siano figli di queste sinergie. Dobbiamo smettere di vedere gli altri imprenditori del settore come nostri competitor: bisogna unirsi, fare economie di scala e cercare di influenzarsi al meglio». L’azienda toscana opera solo nel mercato “fisico”, con una rete di negozi multimarca e con un mercato all’85% europeo: «La volontà di spesa nell’abbigliamento del consumatore medio europeo è calata, ma non credo che il mercato sia in crisi: si deve riorganizzare per riuscire ad andare incontro alle esigenze del cliente B2b», chiosa l’ad.
Marco Campomaggi, presidente dei marchi Campomaggi, Caterina Lucchi e Gabs, 20 milioni di euro di ricavi nel 2024 e Usa come primo cliente retail, è un protagonista storico di Mipel. L’edizione 128 non è stata tra le migliori: «C’è stata un’affluenza abbastanza scarsa, non importante di stranieri, ma ogni azienda ha i propri risultati: noi abbiamo presentato in fiera un progetto di Gabs che ha funzionato bene e Caterina Lucchi ha un prodotto continuativo». I motivi per cui i clienti non sono in fiera, secondo Campomaggi, sono molteplici: «Il settore non vive un momento glorioso, i negozianti stanno attenti alle spese, incluse anche quelle di andare in fiera. Sono convinto che anche le fiere, come tutte le aziende, hanno bisogno di rinnovamento totale, va intrapreso un percorso “rivoluzionario”, la fiera dovrebbe distribuire nuove idee non solo di prodotto ma un momento di formazione per retailer e agenti». Ad ogni modo, con gli ordini che si scrivono in fiera non si possono fare proiezioni attendibili sul 2026. Non penso, però, che il prossimo sarà un anno di crescita omogenea: rimangono ancora molte incertezze. Posso dire che la nostra campagna vendite è partita bene, poi abbiamo deciso di aprire una posizione giuridica negli Usa. Un progetto coraggioso che speriamo ci darà risultati».
Fonte: Il Sole 24 Ore