Migranti, difesa, energia: arriva l’accordo tra Italia e Albania
A due anni dal Protocollo che ha dato vita al cpr italiano in Albania, Giorgia Meloni ed Edi Rama si preparano a siglare un’altra intesa: un accordo per sviluppare la cooperazione bilaterale economica, su infrastrutture, difesa, sicurezza, immigrazione, energia, ambiente salute, innovazione e formazione. La cornice sarà il primo vertice intergovernativo fra Roma e Tirana, previsto nella mattinata di giovedì 13 novembre a Villa Doria Pamphilj, con lo scambio di altri quindici tra accordi governativi e intese tecniche.
Il bilaterale
Prima della sessione plenaria con i ministri (per l’Italia Tajani, Piantedosi, Nordio, Crosetto, Pichetto, Giuli, Schillaci, Musumeci e i Sottosegretari Freni e Ferrante), i due capi di governo avranno un bilaterale, con al centro – spiegano fonti italiane – non solo le crisi internazionali, a partire dall’Ucraina, ma anche il «forte sostegno» di Roma al percorso di adesione all’Unione europea che Tirana vuole concludere entro il 2030, affrontando ora l’ultimo capitolo negoziale.
Italia primo partner commerciale dell’Albania
L’Italia è il primo partner commerciale dell’Albania, e condivide progetti cruciali come il Corridoio europeo VIII e il partenariato strategico a tre (con gli Emirati Arabi) nel settore delle rinnovabili.
Il tema migranti
Ma è il protocollo sulla gestione dei migranti il patto principale stretto da Meloni e Rama, di famiglie politiche diverse (conservatrice lei, socialista lui) e legati da un feeling emerso in tutte le occasioni internazionali, al di là del consueto saluto in ginocchio che il premier albanese riserva alla sua collega. È «una delle soluzioni innovative in materia migratoria, che sta riscontrando sempre maggior interesse sia da parte della Commissione europea che degli Stati membri», sottolineano fonti italiane.
I centri in Albania
Diventati operativi tredici mesi fa, i centri in Albania sono andati incontro a vari stop e strettoie imposti dai tribunali italiani, così oggi l’hotspot al porto di Shengjin è praticamente chiuso e il cpr di Gjader non ospita migranti soccorsi nel Mediterraneo ma quelli spostati da altri cpr in territorio italiano. Erano «solo 25» quando lo ha visitato a fine ottobre una delegazione di +Europa e «da quando è stato aperto il centro ne sono state ospitate poco più di 200», sottolinea Riccardo Magi. Numeri ben lontani dai 3mila migranti all’anno stimati inizialmente per il progetto partito con un costo di 650 milioni di euro.
Fonte: Il Sole 24 Ore