
Moda, ecco i rischi dell’ultra fast fashion e come il governo vuole reagire
Lo definiscono “ultra fast fashion”. La moda a prezzi stracciati sui canali online. Ma è un’opportunità o un rischio? Prima di tutto i dati. Negli ultimi anni, il numero delle spedizioni di articoli di piccole dimensioni e importo contenuto, acquistati tramite piattaforme online e dirette verso l’Union europea, è aumentato in modo eclatante. Secondo una comunicazione della Commissione europea sull’e-commerce, nel solo 2024 sono stati importati 4,6 miliardi di articoli di basso valore , ovvero al di sotto di 150 euro (il confronto è con 2,3 miliardi del 2023 e 1,4 miliardi del 2022). Significa 12 milioni di pacchi al giorno, con un’incidenza molto forte di rivenditori online cinesi come Temu e Shein.
Il ministero delle Imprese e del made in Italy ha elaborato un emendamento al disegno di legge annuale per la concorrenza che prova almeno a imporre determinati obblighi in materia ambientale a questa categoria di aziende. E valuta un intervento più incisivo nel campo della tassazione, ma in questo caso deve procedere con grande prudenza perché si tratta di una materia in cui è già al lavoro la Commissione europea.
Il quadro Ue
Il Parlamento europeo sottolinea che «alcuni prodotti, acquistati tramite negozi online, potrebbero non rispettare le norme UE in materia di sicurezza, eco-design o protezione ambientale e ciò può comportare rischi per la salute umana o per l’ambiente. Inoltre, la disponibilità sulle piattaforme online di prodotti economici ma non conformi può danneggiare le imprese dell’UE che rispettano le regole ma non riescono a competere sui prezzi».
Le potenziali criticità collegate alle piattaforme di e-commerce sono state citate nelle linee guida politiche della presidente della Commissione Ursula von der Leyen per il nuovo mandato 2024–2029. Sul tavolo c’è già una proposta di riforma del Codice doganale Ue presentata nel maggio 2023, ma con la comunicazione della Commissione sull’e-commerce di febbraio 2025 si è andati oltre: si punta all’introduzione di un contributo di gestione di 2 euro per ogni spedizione destinata all’Ue, più misure per rafforzare l’applicazione delle norme sulla sicurezza dei prodotti.
I timori del settore tradizionale
Già da alcuni anni le associazioni delle imprese della moda hanno alzato il livello di guardia. Il modello economico dell’ultra fast fashion si fonda su prezzi molto bassi che favoriscono l’usa e getta, con conseguenze dal punto di vista della sostenibilità (materie prime e trattamenti di finissaggio spesso non ecologici, impronta climatica dei trasporti e in generale mancato rispetto dei criteri dell’economia circolare). C’è un tema di sicurezza per la salute perché in alcuni casi – come rilevato da un’indagine preliminare della Commissione nei confronti di Temu, estesa anche a giocattoli ed elettronica – vengono utilizzate sostanze non conformi. La varietà impressionante di capi d’abbigliamento messi in vendita su queste piattaforme – in alcuni casi oltre a 3.000 nuove referenze giornaliere, anche con il supporto dell’intelligenza artificiale – pone poi problemi rilevanti di concorrenza e di sostenibilità della forza di lavoro nelle aziende tradizionali, sia quelle impegnati sul nuovo sia quelle attive nel mercato dell’usato.
Fonte: Il Sole 24 Ore