Mondrian alla rovescia, com’è possibile?

Com’è possibile che un’opera di Mondrian, conosciuto universalmente per le sue iconiche ed ultra-riprodotte composizioni, sia stata appesa in modo errato per oltre settant’anni, in due diversi musei, a New York e a Düsseldorf?
«New York City I» (1941) è composto da strisce adesive orizzontali e verticali rosse, gialle e blu ed è di proprietà dell’Museo di Arte moderna e Contemporanea del Reno-Westfalia. Esposta in modo “sbagliato” anche tra 1945 e 1980, quando si trovava al MOMA di New York. Il verso corretto sarebbe quello documentato da una fotografia di moda, scattata nello studio dell’ artista nel 1944, pochi giorni dopo la sua morte. Il quadro è sul cavalletto, girato di 180°.
Sul sito del Museo di Düsseldorf (Kunstsammlungen Nordrhein-Westfalen o K20) appare ora anche “nel verso corretto”, ma si pensa sia meglio lasciarlo “a testa in giù”, per garantirgli, tenuto conto dello stato di conservazione, una migliore sopravvivenza agli stress meccanici.

Le domande

Abbiamo chiesto cosa possa essere successo ai curatori della mostra appena apertasi in Westfalia, Ulf Küster e Susanne Meyer- Büser, e a Markus Gross, restauratore responsabile del Piet Mondrian Conservation Project della Fondazione Beyeler di Basilea.

Mondrian si è interessato all’ architettura urbana, in senso astratto, almeno dal 1913, quando era a Parigi, continuando poi a New York, sempre affascinato dall’ambiente ordinato dallo spirito umano. Le verticali e le orizzontali degli edifici e dei tetti tornano nei disegni e nei dipinti, a partire da quelli visti negli anni Dieci dalla finestra del suo atelier di Rue du Départ come la «Composition No. VI», e poi negli Usa, negli anni Quaranta, come in «New York City I» (1941), ora a Düsseldorf.

I lavori astratti sottintendono complessità apparentemente facili da comprendere. “Ma, in realtà, questi oggetti bidimensionali possiedono una terza e anche una quarta dimensione: profondità e tempo trascorso per crearli ” ricorda Gross. Il caso del Mondrian “alla rovescia” evidenzia che anche collocazione ed esposizione errata “storicizzata” sono entrati a far parte della sua identità. Foto e riproduzioni ( anche quelle digitali e gli Nft) non possono sostituirsi alla stratificazione in profondità e in ampiezza di pennellate e altri procedimenti artistici (collage, assemblages, combustioni, tagli, ecc.). “Tutti mattoncini che, sulla linea del tempo, costruiscono l’opera, interagendo con esso.”

Le risposte dei detectives di Basilea

Gli esperti, conservatori e addetti museali, devono comprendere la realtà delle opere d’arte, nella loro fisicità e materialità. Come detectives “raccolgono ogni informazione e documentazione concreta utile a raccontarne la storia ( foto antiche, rapporti museali, testimonianze, tracce sull’opera stessa).”Un lavoro vasto ed intenso che non sempre, per tutte le opere, può essere fatto rapidamente. Se questo processo, diverso per ogni dipinto, viene percorso, rende chiara tutta la storia materiale dei dipinti, come nel caso dei Mondrian della Collezione Beyeler, analizzati nel Piet Mondrian Conservation Project. Molto del lavoro svolto dal Centro di Basilea, attivo dal 2001, è documentato online, disponibile per tutti. Ma in altri casi, se la documentazione è contaminata da un errore che non viene corretto, esso può propagarsi e ripetersi, fino a quando uno sguardo preparato e/o tecnicamente libero da pregiudizi ne coglie l’incongruenza. Quest’opera è un lavoro “sperimentale”, a cui non è seguito un dipinto su tela. L’applicazione delle strisce sul supporto è avvenuta secondo una direzione materialmente visibile e verificabile, da un “alto verso un basso” inizialmente definiti, ma rovesciati già nella mostra del 1945. Degli esperimenti di Mondrian realizzati con strisce di nastro adesivo (inventato negli Usa, ad inizio anni ’40) in bianco, nero e nei tre colori primari, solo uno «New York City»,1942 è stato realizzato ad olio su tela.

Fonte: Il Sole 24 Ore