Montagne, sentieri e storie nell’ancestrale Corsica

Montagne, sentieri e storie nell’ancestrale Corsica

Ci si imbarca a Livorno, lasciando le sue due fortezze, per attraccare poche ore dopo a Bastia e cominciare da lì un viaggio ancora ancestrale in un’isola dai profumi intensi, le passioni forti, la macchia mediterranea aspra, il carattere degli abitanti indomito e fiero della propria identità culturale e linguistica. Un’avventura in Corsica non può prescindere dai siti archeologici di Filitosa, Capula e Cucuruzzu, perché i loro dolmen e menhir attestano che la prima forma di civiltà presente sull’isola vi si stanziò addirittura tra la fine del Neolitico e l’Età del Bronzo.

In particolare, a Cucuruzzu le tribù dedite all’agropastorizia abitavano in capanne posizionate sopra un terrazzamento cinto da un’altissima cerchia di mura. Invece ad Aleria si ha testimonianza del passato ellenico dell’isola grazie ai manufatti rinvenuti durante gli scavi ed esposti nel Forte di Matra. L’anima pastorale è ancora il collante della popolazione locale, così come le pievi comprovano l’importanza dell’opera di evangelizzazione medievale, e l’architettura di matrice pisana nella Corsica Suprana e Banda di Dentro, ovvero la zona settentrionale. Una conferma di quanto sia variegato e frastagliato il paesaggio viene dalla cosiddetta Scala di Santa Regina, scandita da gole e in equilibrio sull’orlo dei burroni di granito cremisi, proprio sotto i Monti Cinto, Stello e Rotondo, tra le cime più elevate dell’isola. Dall’altra, si incontrano in questo on the road dal ritmo nervoso anche antichi e più rilassanti boschi, come quelli della Castagniccia: penetrando in questo paesaggio fresco e rigenerante, infatti, ci si imbatte in villaggi come Campana, situato alle pendici del San Petrone e ha come epicentro architettonico il suo lavatoio, il medievale Castellare di Casinca e il bellissimo, vertiginoso Penta di Casinca, abbarbicato sulla roccia, dove le case sono tutte fatte di pietra e coperte di lose, tegole-lastre di pietra.

La natura incontaminata della Foresta d’Aïtone e della Riserva di Scandola

Tra le mete imperdibili, il Golfo di Porto, Patrimonio Unesco, merita di essere scelto per alcuni giorni, in virtù della sua natura incontaminata: la Foresta d’Aïtone, nei pressi del villaggio di Evisa, domina tutta l’insenatura e insieme al bosco di Valdu Niellu custodisce spettacolari pini larici, ai quali si giunge attraverso un sentiero escursionistico punteggiato da secolari castagni. Da non perdere, se non per l’acqua molto fredda, un bagno nelle cascate dell’Aïtone. La Gola di Spelunca è un’altra attrattiva irresistibile per i bacini di acqua celati dai glabri rilievi di roccia. Anche la spiaggia di Bussaglia è ammantata di una bellezza ruvida e irrorata da una luce verginale. Tutti questi itinerari di scoperta nel Golfo di Porto, insieme al percorso dell’antica mulattiera Piana-Ota, il percorso a piedi per raggiungere la spiaggia di Ficajola partendo dalla Chapelle Sainte Lucie di Piana, si possono scoprire durante il soggiorno all’Hotel Les Roches Rouges che conserva intatti l’architettura e il design tipico degli anni 30. Da lì, svegliandosi presto, si avrà la chance di arrivare tra i primi al promontorio di Capo Rosso, posto a 331 metri di altitudine, in quella Torre di Turghiu dove godere una vista incredibilmente vasta sul Golfo di Girolata e la Riserva naturale di Scandola.

Tour nella Regione dell’Agriate

Un altro on the road immaginifico e indimenticabile conduce lungo la strada dipartimentale numero 81 che percorre la regione dell’Agriate da oriente a occidente: questo scrigno di incomparabile bellezza era schiuso dai pastori durante la transumanza da Asco sino alle spiagge adamantine di Saleccia e degli Ostriconi, con le loro spettacolari dune sabbiose che si rincorrono fra leccete, uliveti e pinete. Questa terra è ricca di architetture ardite: la chiesa romanica di San Michele di Murato dalle pietre bianche e verdi, il faro di Mortella lungo il sentiero costiero tra le località di Lotu e Formali, i muri a secco che salgono e scendono ininterrottamente intorno al borgo di Santo Pietro di Tenda, quell’autentico villaggio-belvedere costituito da San Gavino di Tenda non si dimenticheranno facilmente. Così come rimarrà nella memoria delle papille gustative la cucina di Pauline Juillard alla Ferme de Campo Di Monte, fattoria in cui si può soggiornare.È tempo di tornare verso Capo Corso e di inforcare l’emozionante strada D80: serpeggia con estrema destrezza, lasciando stupefatti per l’armonia tra la macchia mediterranea, le coste arzigogolate, il mare e le montagne, i villaggi di pescatori come Erbalunga, le cappelle romaniche pisane risalenti al XII secolo e la maestosità dei cosiddetti Palazzi di l’Americani, eretti dagli emigrati come prova della loro agiatezza conquistata oltreoceano. Dalla spiaggia turchese di Nonza si può passare a visitare la riserva naturale di Capense, così come fare la spola tra le torri genovesi che sorvegliano Capo Corso, cominciando da quella assai spettacolare di L’Osse, e scegliendo magari di prenotare una stanza in quel Palazzo Nicrosi a Rogliano abitato dalla stessa famiglia dal 1877, emblema della predilezione per un design elegante, con una piscina immersa tra alberi e fiori. Anche la marina di Canelle dall’alto sembra un quadro, nel quale ci si può tuffare godendo l’azzurro delle sue acque trasparenti. Da esse proviene il pesce che si gusterà nel borgo marinaro di Centuri, in particolare le aragoste, la cui pesca è una tradizione secolare. Qui, infatti, almeno un decimo della popolazione esce all’alba e al tramonto per tornare con tesori raccolti dal mare, sempre nel rispetto di un Mediterraneo generoso, come in fondo è tutta la Corsica, la terra di Napoleone che non smise mai di rimpiangerla.

Fonte: Il Sole 24 Ore