
Musei, direttori sempre più manager
È partito in piena estate la seconda corsa alla direzione dei musei autonomi. Dopo la nomina, arrivata a luglio, dei cosiddetti “superdirettori” per i cinque istituti di prima fascia in attesa – Galleria dell’Accademia di Firenze e Musei del Bargello, Museo Archeologico Nazionale di Napoli, Museo Nazionale Romano, Musei Reali di Torino e Parco Archeologico del Colosseo –, il ministero della Cultura ha pubblicato a inizio agosto il bando per altri 14 musei.
E mentre si apre il totonomi per luoghi come il Pantheon e Castel Sant’Angelo, il Palazzo Reale di Napoli e il parco archeologico di Ercolano, l’Arts and culture knowledge centre di Sda Bocconi fa il punto su chi siano stati fino ad ora i direttori museali e su come sia cambiata la leadership dei luoghi della cultura in questi dieci anni di riforma Franceschini.
La nuova ricerca, condotta sui curricula degli 88 direttori (tra incarichi in corso, conclusi o ad interim), mostra un cambio di paradigma: il direttore “umanista puro” lascia spazio a un profilo ibrido sempre più manageriale. Se nel 2015 il 95% delle nomine dichiarava competenze culturali legate a ricerca e curatela, nel 2024 la quota è scesa al 76 per cento. Al contrario, quasi il 90% dei vertici oggi vanta skill manageriali, sviluppate sul campo tra governance, gestione del personale e partnership strategiche.
Un segnale che non cancella il sapere specialistico, ma evidenzia come ormai guidare un museo significhi anche saper programmare, finanziare, misurare, coinvolgere pubblici e sponsor. «Oggi servono leader culturali e manager pubblici capaci di combinare con la stessa forza visione e capacità gestionale», spiegano dalla Bocconi i professori Alex Turrini e Marco Luchetti. Un cambio di paradigma in linea con le sfide del settore: dalla digitalizzazione alle campagne di fundraising, fino alla gestione di flussi turistici sempre più complessi.
L’identikit dei direttori
La “svolta manageriale” riguarda anche la struttura dei percorsi: la durata media degli incarichi è di 6,2 anni, dato superiore alla durata contrattuale standard dei mandati, di quattro anni. Inoltre, più della metà dei direttori è stata confermata per un secondo mandato. Si nota quindi una tendenza alla continuità, anche se la mobilità interna tra i musei – che si traduce in scambio di competenze – resta bassa: solo tre direttori, dopo il bis, sono passati a un’altra istituzione statale.
Fonte: Il Sole 24 Ore