Musei italiani tra boom di visitatori e ritardi digitali: la sfida dell’IA

Musei italiani tra boom di visitatori e ritardi digitali: la sfida dell’IA

La sfida è quindi diversificare i ricavi, sviluppando fonti alternative nell’era della digitalizzazione. “Ci siamo posti una domanda che riteniamo centrale: in un’epoca in cui tanto si è investito nella digitalizzazione del patrimonio culturale, la cessione delle immagini può davvero rappresentare una fonte di ricavo significativa per musei e istituzioni? Secondo noi, la risposta è no” spiega Eleonora Lorenzini, direttrice dell’Osservatorio. “In ambito internazionale si sta sempre più affermando il modello dell’open access, in un’ottica di maggiore accessibilità e condivisione della cultura. Il 70% di musei, monumenti e aree archeologiche offre immagini in modo gratuito. E tra chi ancora le cede a pagamento, il 61% dichiara un ammontare ricavi annuali inferiori ai 500,00 euro”. E quindi viene spontaneo chiedersi se il gioco valga la candela, in quanto i costi di gestione spesso non superano i ricavi.
I servizi digitali rappresentano la nota dolente in quanto solo il 41% del campione offre il servizio di audioguida e questo per il 71% è gratuito o incluso nel prezzo del biglietto, mentre solo il 29% prevede una maggiorazione del prezzo del biglietto; solo il 31% offre un’app e per il 92% è gratuita o inclusa nel ticket di ingresso e il rimanente 8% prevede un pagamento a parte. Le esperienze in VR o AR sono offerte solo dal 20% del campione e per la maggior parte in forma gratuita o inclusa nel prezzo del biglietto.

Parola agli esperti

“L’intelligenza artificiale può rappresentare una grande opportunità di trasformazione per il settore culturale: non solo ridefinisce i processi interni e le modalità di fruizione, ma apre scenari completamente nuovi per la conservazione del patrimonio e la partecipazione dei pubblici e apre la possibilità a nuovi modelli di gestione culturale che siano sostenibili e orientati alla generazione di impatto”, spiega Deborah Agostino, direttrice della ricerca dell’Osservatorio. Ciò che serve è una visione sistemica per cogliere le opportunità offerte dall’intelligenza artificiale e, in particolare, da quella generativa. Quest’ultima può trasformare il modo in cui i professionisti della cultura lavorano e coinvolgono i pubblici. Ma perché diventi davvero uno strumento utile, servono visione, competenze e un confronto serio sulle implicazioni etiche, legali ed economiche. Senza una strategia chiara sui dati, però, l’IA rischia di restare solo una promessa. Secondo Fabio Viola, game designer e fondatore di Tuomuseo: “Strumenti come Runway, Suno, HeyGen, ChatGPT, che abbracciano conservazione, catalogazione e valorizzazione, emergono da un lato con la paura verso qualcosa di nuovo che potrebbe modificare radicalmente le professioni culturali, ma anche tanto entusiasmo per le opportunità offerte dall’IA soprattutto alle piccole e medie istituzioni costantemente alle prese con scarsità di risorse umane e budget. Possiamo immaginare musei che dialogano personalmente con ogni visitatore proponendo percorsi personalizzati, teatri che adattano le loro narrazioni in tempo reale secondo le emozioni del pubblico e archivi storici che prendono vita attraverso avatar interattivi grazie alla generazione automatica di narrazioni immersive”. La cultura italiana si trova alle soglie di una nuova rivoluzione epocale, in cui l’IA non rappresenta solo uno strumento tecnico, ma una chiave di trasformazione radicale nei processi e progetti culturali sia interni che esterni alle organizzazioni culturali.

Diverso potrebbe essere il valore derivante dalla commercializzazione di strumenti esperienziali

DPaas di Digital Library

Per cogliere questa sfida il Ministero della Cultura, attraverso la Digital Library, propone Ecomic, Ecosistema digitale per la cultura, un ambiente collaborativo distribuito per sostenere la trasformazione digitale del settore culturale. Finanziato con fondi PNRR, il sistema offre tecnologie e servizi pensati per supportare tutti gli attori dell’ecosistema culturale – dai designer di servizi ai gestori e operatori – aiutandoli a sviluppare soluzioni digitali efficaci e inclusive. Queste soluzioni sono rivolte a un pubblico ampio: cittadini, professionisti, studiosi, educatori e chiunque sia interessato. L’obiettivo è generare valore non solo culturale, ma anche sociale ed economico. Fa parte dell’ecosistema la piattaforma laboratorio DPaaS, Data Product as a Service, pensata per realizzare software innovativi basati sui dati culturali e fornire servizi per generare valore aggiunto, per finalità espositive, educative, editoriali o commerciali, attraverso la co-progettazione e la co-creazione. Tra i destinatari ci sono le imprese, le università, gli enti locali, i musei, i quali potranno trovare l’ambiente ideale, si spera, per esporre i propri data product (prodotti derivati dai dati), in un catalogo pubblico con la possibilità di attivare opportunità commerciali in base a diversi modelli di business. E quindi, come recita il titolo del convegno “Alea IActa est”, il dado è tratto, la cultura italiana ha attraversato il Rubicone del digitale – o quasi – e non si torna più indietro.

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Fonte: Il Sole 24 Ore