
Negazionismo per il post che minimizza (anche indirettamente) la Shoah
Nel reato di istigazione all’odio razziale scatta l’aggravante delnegazionismo per chi minimizza l’Olocausto – e propaganda la sua idea – anche se lo fa in modo indiretto. La Cassazione, partendo da questo presupposto, conferma la condanna per odio razziale, aggravato dal negazionismo, anche per il post che allude e, implicitamente, nega la Shoah. Nel mirino dei giudici è finita la frase «chissà se in futuro gli alberi avranno diritto a una giornata della memoria per il loro vero e documentato olocausto?». Un “pensiero”pubblicato suisocial, in occasione della giornata della memoria. Indagini e il monitoraggio di alcune piattaforme web avevano portato all’identificazione dei ricorrenti come aderenti al Movimento nazionalsocialista dei lavoratori, attivi nella diffusione di post dal contenuto antisemita, discriminatorio e xenofobo. Canali utilizzati, oltre a volantini e altro materiale, per propagandare «ideologie fondate sul predominio della razza bianca et similia». Per uno degli imputati, autore della frase pubblicata, scatta anche l’aggravante del negazionismo.
Esclusa la libera manifestazione del pensiero
La Suprema corte precisa, infatti, che la comparazione tra il vero e il non vero evocata dalla comunicazione rientra nel raggio d’azione della norma (articolo 604-bis del Codice penale), che punisce la propaganda di idee fondate sulla superiorità e sull’odio razziale ed etnico, aggravato (comma 3) nello specifico, dal negazionismo. La Corte d’appello aveva chiarito che, per negazionismo, si intende «un atteggiamento di minimizzazione, di scetticismo o addirittura di rifiuto nei riguardi di verità storiche aventi a oggetto casi eclatanti di discriminazione, spesso anche con l’impiego della violenza in danno di determinate comunità, etniche o religiose».
Inutile, dunque, invocare il diritto alla libera manifestazione del pensiero e di opinioni politiche. La stessa Corte europea dei diritti dell’uomo ha escluso la protezione della Convenzione per le condotte che riguardano fatti storici chiaramente stabiliti come l’Olocausto «in quanto suscettibili di mettere in discussione i valori che fondano la lotta contro il razzismo e l’antisemitismo».
Fonte: Il Sole 24 Ore