
Nel silenzio infinito delle isole disabitate
Maria Luisa Colledani
Casa significa silenzio e blu e Jennifer Barclay l’ha trovata a Tílos, dove vive da una decina d’anni. Meglio l’Egeo rispetto alla grigia Inghilterra. Il Dodecaneso, le dodici isole a ridosso della costa turca da Agathonísi, a nord, a Kastellorizo, a sud, è il suo orizzonte, che racconta in Incanto remoto, viaggio per scogli e insenature attraverso storie e volti fuori dai soliti giri perché ha notato cambiamenti drammatici lunghi un secolo e li ha voluti indagare.
Non è una guida turistica, è un atto d’amore, è ricerca per capire la terra che l’ha accolta. In queste acque, gli antichi si sono incontrati e scontrati, nel 1309 Rodi fu conquistata dai Cavalieri di San Giovanni e l’impero ottomano ha dominato a lungo e l’Italia nel 1936 aveva trasferito oltre 16mila italiani ma le catastrofi naturali, le guerre violente, l’oppressione hanno come portato in dote un certo isolamento: «Il mio interesse è diventato quasi un’ossessione per la ricerca di luoghi abbandonati e in rovina da investigare».
Il viaggio inizia a Tílos. Mikro Horio, «piccolo paese», nasce secoli addietro per difendersi dai pirati e cinquant’anni fa è stato abbandonato, tutti in fuga in Usa o Australia alla ricerca di un lavoro. I terrazzamenti intorno, protetti dal vento grazie alle tamerici, testimoniano vita e fatiche antiche. Oggi è solo silenzio e rovine: «In questo paesaggio plasmato dall’abbandono, invece, mi attraggono rinunce più recenti. La bellezza è racchiusa nelle abilità artigianali e nelle storie, che raccontano come si viveva nei secoli scorsi», e la scrittrice, che ha studi classici alle spalle, raccoglie voci e immagini e anche le paure degli ultimi arrivati, i migranti in fuga da guerre e fame.
Ogni isola ha i suoi angoli di incanto e di passato. Vanno cercati prima che il turismo di massa seppellisca oggetti e memoria. Nísyros vale per il cratere del vulcano Stefanos, un paesaggio lunare con il quale fare i conti, e le terme di Pantelidis, ormai abbandonate ma ricche di storie. A Kos ci si può fidare dell’acqua, che a Kálymnos diventa oro grazie alle spugne. Astypálaia è rocce infuocate e finestre per le api; Rodi mille storie di commercianti, briganti e dominatori; Olympos, a Kárpathos, una nuvola colorata appesa al cielo; Caso e Chálki sono le più remote e proprio lì dovete andare, soprattutto ad agosto. E ancor più ad Arki, poche strade, zero cartelli stradali, una famiglia che ha mille capre e il formaggio mizithra più buono dell’Egeo.
Fonte: Il Sole 24 Ore