
Nella curva della Juve c’era un’associazione a delinquere
Un sodalizio criminale nel gruppo ultrà della Juventus, finalizzato a ottenere ingenti profitti. La Cassazione ha depositato le motivazioni con con le quali, il 19 marzo scorso, pronunciandosi su un processo celebrato dalla Corte d’appello di Torino ha riconosciuto, per la prima volta in Italia, il reato di associazione per delinquere applicato a vicende di tifoseria organizzata.
Nel mirino dei giudici erano finite le pressioni che nel corso della stagione calcistica 2018/19 la curva avrebbe esercitato sulla Juventus, orchestrando per esempio uno sciopero del tifo o il lancio di cori «connotati da evidente contenuto discriminatorio e razzista», per non perdere alcuni privilegi. La Suprema corte ha sottolineato che «è quindi, configurabile il reato associativo allorquando i componenti di un’organizzazione formalmente destinata a scopi leciti realizzino attività illecite, sempreché sia provata, come nel caso di specie, l’esistenza di un nesso funzionale tra tali condotte e le direttive generali provenienti dal vertice dell’organizzazione medesima».
La coesistenza di attività lecite e illecite
Per la Suprema corte «i giudici di merito hanno correttamente rimarcato come i vertici del gruppo ultrà dei Drughi abbiano deliberatamente affiancato all’attività lecita un’attività illecita indeterminata e finalizzata all’ottenimento di ingenti profitti, facendo leva sulla preesistente struttura organizzativa, nonché sulle risorse umane e materiali del gruppo ultrà, in un contesto di pianificata e consapevole strumentalizzazione del gruppo ultrà per finalità criminali».
La ricostruzione della vicenda
La Cassazione ha ricostruito la complessa vicenda che ha portato alla sentenza impugnata, partendo dal 2016. Anno in cui si è registrato un significativo mutamento nei rapporti intercorrenti tra la società calcistica Juventus ed i gruppi ultrà, a seguito dell’indagine condotta dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Torino, denominata “Alto Piemonte” e delle conseguenti sanzioni irrogate alla Juventus dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio per i fatti emersi nell’ambito della predetta attività investigativa.
Fino ad allora, la Juventus F.C. aveva adottato una prassi consolidata consistente nella sistematica cessione di una consistente dotazione di titoli di accesso ai gruppi ultrà, in deroga ai canali ordinari di distribuzione. In particolare, per ciascun incontro sportivo, venivano messi a disposizione gratuitamente 25 tagliandi per ciascun sodalizio, destinati ai cosiddetti “striscionisti”, incaricati dell’esposizione all’interno dell’impianto sportivo dei vessilli identificativi del rispettivo gruppo. Ulteriori quantitativi di biglietti erano forniti direttamente agli ultrà dalla società, al di fuori dei circuiti ufficiali di biglietteria.
Fonte: Il Sole 24 Ore