Nello scontro Usa-Cina, un’opportunità per le aziende italiane
Lo tsunami scatenato dai dazi americani e dalle guerre in corso ha rotto gli equilibri su cui si erano fondati per anni le relazioni commerciali globali. Eppure, non sembra esserci stata (per ora) la bufera attesa: l’economia mondiale sta tenendo, i mercati azionari macinano record e il commercio internazionale è in crescita. Come l’acqua, i flussi di investimento non si sono dunque fermati davanti agli ostacoli, ma hanno semmai preso nuove direzioni, cercando percorsi che presentano minor resistenza.
Come ogni momento di profonda trasformazione, anche questa ridefinizione della geografia commerciale mondiale presenta alle imprese italiane – tradizionalmente vocate all’export – rischi e opportunità. Su questi temi si concentra la tre giorni del «Made in Italy Summit», inaugurato ieri a Milano, in corso anche oggi e domani. L’evento annuale, organizzato dal Sole 24 Ore assieme a Financial Times e Sky TG24, si intitola quest’anno «Supporting industry and exporters amid Trump’s disruption».
La tenuta dell’economia italiana
«I dazi e le guerre non fanno bene al made in Italy – ha detto il direttore del Sole 24 Ore, Fabio Tamburini – aprendo i lavori della prima giornata –. Eppure il nostro sistema regge e dà segni di grande vitalità. La parola d’ordine per le imprese italiane è diversificare, per salvaguardare e rafforzare i successi ottenuti negli ultimi 15 anni, che hanno permesso al Paese di passare da una bilancia commerciale negativa a un saldo positivo per 100 miliardi di euro».
Nonostante le difficoltà create dalle politiche di Trump, dalla svalutazione del dollaro e dalla pressione sui prezzi generata dall’aumento delle esportazioni cinesi verso l’Europa, le prospettive economiche dell’Italia sono in miglioramento, ha aggiunto Roula Khalaf, direttrice del Financial Times: «Il Pil è atteso in aumento dello 0,7% nel 2026 e dello 0,9% nel 2028 – ha detto Khalaf –. Inoltre, la crescita dell’occupazione ha portato un aumento del gettito fiscale del 5%, consentendo di ridurre il peso del debito e quindi lo spread». In questo scenario in rapida evoluzione, l’Italia «sta giocando un ruolo chiave – ha aggiunto Fabio Vitale, direttore di Sky TG24 –. Occorre capire come cambieranno le relazioni con due giganti come Usa e Cina per poter contare nel nuovo scacchiere». Le coordinate non sono facili da interpretare, ha detto De Bellis, vice-presidente di Sky Italia: «Il nostro partner più importante, gli Stati uniti, è diventato quello più imprevedibile». Sì, perché proprio gli Usa hanno rotto le regole globali, come ha spiegato Richard Baldwin, Professor of International Economics alla IMD Business School di Losanna e direttore di VoxEU, che ha sottolineato gli effetti negativi dei dazi anche sull’economia americana. «Si è aperta una nuova era della globalizzazione, in cui gli Usa hanno perso la leadership globale, mentre il resto del mondo cerca altre strade e stringe accordi senza di loro», ha aggiunto.
Scontro Usa-Cina: gli effetti sul made in Italy
Lo scontro tra Stati Uniti e Cina – che insieme detengono la metà della ricchezza mondiale – impatta inevitabilmente sull’Italia, ha spiegato Roberto Giovannini, partner e Head of Consumer Industrial Markets di Kpmg: «Dobbiamo portare la competizione su un campo di gioco diverso. Il reddito dell’Italia è fermo da 30 anni mentre nel resto del mondo è raddoppiato ed è fermo perché i consumi interni e gli investimenti valgono poco. Se vogliamo crescere, l’export non basta: devono ripartire investimenti e domanda interna». Anche sul fronte dell’export bisogna cambiare e allungare un po’ lo sguardo, come ha fatto notare Giuliano Noci, prorettore delegato del Polo territoriale cinese del Politecnico di Milano: «Non è possibile che l’Italia esporti 30 miliardi di euro di beni verso la Svizzera e 5 miliardi verso l’India. Il nostro Paese è ancora troppo rivolto verso Europa e Stati Uniti, ormai asfittici. In Asia c’è uno straordinario pregiudizio positivo nei confronti dell’Italia: se non sapremo cogliere quest’opportunità nei prossimi 5-10 anni, avremo perso la sfida».
Fonte: Il Sole 24 Ore