
No alla newsletter inviata senza consenso dal sito aggregatore di offerte
Nello stesso giorno la Cassazione conferma le sanzioni del Garante privacy per illecito trattamento dei dati a un sito aggregatore di offerte e un colosso come la Telecom, punita con una sanzione ben più salata di 800 mila euro.
Nel primo caso ad aver violato il Codice privacy è stata una piattaforma che raccoglie e mostra una vasta gamma di offerte, sconti e promozioni provenienti da diverse fonti (ad esempio, negozi online o altre piattaforme di e-commerce). Una internet company, sanzionata con 10 mila euro, finita nel mirino, prima dell’Authority poi dei giudici, per aver iscritto abusivamente a una newsletter gli utenti registrati al sito, divenuti destinatari di informazioni varie, senza il loro consenso.
I negozi online e i siti di comparazione prezzi
Un via libera necessario in questo caso, che non serve invece – spiega la Cassazione – per i negozi online. Gli e-shop sono, infatti, considerati come un sistema di commercio elettronico per i quali non è obbligatorio il consenso dell’interessato se il titolare del trattamento, ai fini della vendita diretta di propri prodotti o servizi, utilizza le coordinate di posta elettronica fornite dal destinatario nel contesto della vendita, sempre che si tratti di servizi analoghi a quelli oggetto di smercio, e l’interessato, adeguatamente informato, non rifiuti tale uso, inizialmente o in occasione di successive comunicazioni. Diversamente, deve essere richiesto il consenso, nell’ipotesi in cui l’utente abbia solamente effettuato la registrazione sul sito web, concluso un contratto di prova o comunque un contratto a titolo gratuito con il titolare del trattamento.
La sanzione a Telecom
Diversa la situazione di Telecom nella quale un abbonato risultava intestatario di ben 826 telefoni, mentre altri 644 clienti insieme hanno totalizzato oltre 7.000 linee a loro nome. Un’anomalia del software che è costata al colosso della telecomunicazione la maxi sanzione di 800 mila euro inflitta dal Garante della privacy – per mancanza di base giuridica del trattamento dei dati e illecita comunicazione a terzi – e confermata dalla Cassazione.
L’illecita comunicazione dei dati di clienti era stata messa in atto verso società di recupero dei crediti per il mancato pagamento delle fatture intestate erroneamente, erroneo inserimento del codice fiscale degli interessati nelle fatture emesse nei confronti dei veri intestatari delle linee telefoniche. L’attività ispettiva, avviata su segnalazione di un utente, aveva consentito di accertare che al reclamante erano state ingiustificatamente assegnate, nel tempo, 826 linee telefoniche residenziali. Circostanza questa ammessa anche da Telecom, la quale aveva ipotizzato che la causa dell’inconveniente potesse essere ricondotta a un’anomalia del software in occasione della migrazione massiva di dati della clientela dal vecchio al nuovo sistema gestionale. Un’arbitraria assegnazione di linee telefoniche che aveva coinvolto numerosi utenti, del tutto ignari, in un lasso di tempo dal 2003 al 2015. In base alla verifica a campione imposta a Telecom, erano risultati 644 utenti, intestatari di oltre 7.000 linee telefoniche.
Fonte: Il Sole 24 Ore