
No alla vendita all’asta della casa familiare se alla base del debito c’è una clausola abusiva
Il consumatore deve poter contestare il trasferimento della sua casa familiare a un terzo, in seguito a un‘esecuzione forzata sulla base di un ipoteca. Una possibilità che va garantita nel caso in cui al consumatore non sia stata concessa una sospensione o l’annullamento dell’esecuzione per l’esistenza di una clausola abusiva nel contratto che ha dato origine alla misura contestata. Ad affermarlo è la Corte di giustizia dell’Unione europea che, con la sentenza nella causa C-351/23, sostiene l’esigenza di una tutela giurisdizionale effettiva in favore dei consumatori.
Una via che deve necessariamente passare attraverso l’opportunità di rivolgersi a un giudice, quando la tutela preventiva, utile a stoppare il trasferimento, è stata negata malgrado l’esistenza di indizi concordanti quanto al carattere potenzialmente abusivo della clausola, e nonostante il fatto che l’acquirente fosse informato dell’esistenza del procedimento giudiziario al momento del trasferimento di proprietà.
I dubbi del giudice del rinvio
A dare il la al verdetto una controversia, pendente davanti a un giudice regionale slovacco, in cui la società, che si era aggiudicata una casa familiare a seguito di una vendita all’asta stragiudiziale, cercava di ottenere lo sfratto degli ex proprietari dell’immobile, beneficiari di un mutuo ipotecario relativo all’abitazione. Questi ultimi lamentavano la violazione dei loro diritti di consumatori e rifiutavano di sgomberare. Il giudice ha chiesto, dunque, lumi alla Corte di giustizia, per sapere se un tale procedimento giudiziario rientri nell’ambito di applicazione della direttiva concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori (direttiva 93/13/Cee).
Inoltre, il giudice del rinvio ha chiesto anche se la direttiva osti una normativa nazionale che consente l’esecuzione forzata stragiudiziale su un bene dato in garanzia ipotecaria malgrado l’esistenza di una domanda di sospensione, basata su una possibile clausola abusiva nel contratto di mutuo. La Corte risponde affermativamente a entrambe le questioni.
Il caso
In Slovacchia, una banca ha concesso a una coppia un credito di 63mila euro, rimborsabile in rate mensili fino al gennaio 2030. Una clausola contenuta nelle condizioni generali di credito prevedeva che, in caso di ritardo nel pagamento, la banca potesse chiedere immediatamente il rimborso totale del capitale restante dovuto, garantito da un’ipoteca sull’abitazione familiare dei consumatori. A seguito di ritardi di pagamento, la banca ha chiesto l’esecuzione forzata, nell’ambito di una vendita all’asta stragiudiziale, della garanzia ipotecaria.
Fonte: Il Sole 24 Ore