No all’ammonimento del questore per stalking senza contraddittorio: Italia condannata

No all’ammonimento del questore per stalking senza contraddittorio: Italia condannata

L’ammonimento del questore emesso nell’ambito del procedimento di prevenzione dello stalking, ed adottato senza contraddittorio, pregiudica la vita familiare e la vita sociale privata della persona accusata. La Corte europea dei diritti dell’Uomo ha condannato l’Italia per averviolato l’articolo 8 della Convenzione che assicura il diritto al rispetto della vita privata e per aver adottato il provvedimento di polizia nei confronti di un uomo, senza prima aver ascoltato le sue ragioni e averlo messo nella condizione di partecipare alla decisione sulla misura adottata contro di lui, in modo da far valere i suoi interessi.

Il diritto a essere ascoltati

Nel mirino degli eurogiudici era finito un ammonimento per atti persecutori, adottato dal Questore di Roma nel 2015. Nell’accogliere il ricorso del destinatario del provvedimento, i giudici di Strasburgo affermano che l’uomo «non è stato ascoltato dal questore prima che questi adottasse il provvedimento e che di conseguenza non ha avuto la possibilità di addurre argomenti a sostegno della propria posizione». La Corte osserva inoltre che il verbale dell’ammonimento non indicava le circostanze che avrebbero reso necessaria una misura urgente.

Secondo la Cedu dagli atti «risulta che il questore non abbia debitamente motivato la sua decisione» e che il prefetto, il Tar e il Consiglio di Stato non abbiano proceduto a un esame indipendente dell’esistenza di un rischio imminente o di altri motivi che giustificassero una deroga al diritto dell’uomo di essere ascoltato. Per quanto riguarda l’affermazione secondo cui «i motivi di urgenza emergono chiaramente dalla misura in questione, nella parte in cui fa riferimento ai comportamenti persecutori comprovati, ripetuti e continui adottati dall’uomo», la Corte ritiene che essa sia molto generica e non si basi su alcun elemento fattuale che possa sostenerla. Inoltre, la Corte osserva «che il fatto che l’ammonimento sia stato notificato solo circa due mesi dopo il ricorso della vittima al questore, e che la notifica abbia richiesto più di tre settimane, è sufficiente a confutare l’argomento delle autorità nazionali e del Governo circa l’urgenza della misura».

Il precedente

Sul tema la Corte europea dei diritti dell’Uomo si era espressa anche nel 2023, sottolineando, anche in quell’occasione, che gli atti che incidono sui diritti umani devono essere sottoposti a una qualche forma di procedimento in contraddittorio davanti a un organo indipendente competente a riesaminare le ragioni della decisione e le prove pertinenti. Il destinatario deve essere in grado di contestare le affermazioni delle autorità, perché in assenza di tali garanzie, la polizia o gli organi statali potrebbero violare arbitrariamente i diritti tutelati dalla Convenzione.

Fonte: Il Sole 24 Ore