Nobel per la pace 2023: sedia vuota a Oslo per Narges, «Iran tirannia misogina»

Parole di una donna che, arrestata e condannata più volte negli ultimi decenni, non ha intenzione di mollare e continua a denunciare la repressione, la mancanza di un sistema giudiziario indipendente, la propaganda, la censura e la corruzione.

E la cui lotta “è paragonabile a quella di Albert Lutuli, Desmond Tutu e Nelson Mandela, che ebbe luogo più di 30 anni prima della fine del sistema di apartheid in Sud Africa”, afferma la presidente del Comitato norvegese per il Nobel Berit Reiss-Andersen evocando figure divenute leggendarie per chi lotta in tutto il mondo a favore dei diritti civili.

Davanti alla famiglia reale norvegese e ai dignitari stranieri risuona ’Donna, Vita, Libertà’, la parola d’ordine che ha riempito le piazze di tutto il Paese dopo la morte di Mahsa Amini, la 22enne curda deceduta nel 2022 mentre era sotto la custodia della polizia morale, arrestata perché non indossava il velo islamico in modo corretto e si intravedeva qualche ciocca di capelli.

E che ha fatto oscillare paurosamente la stabilità del regime degli Ayatollah che si è salvato grazie a migliaia di arresti e all’assassinio di oltre 550 persone, tra le quali moltissime donne e ragazzini.

“L’hijab obbligatorio imposto dal governo non è né un obbligo religioso né una tradizione culturale, ma piuttosto un mezzo per mantenere l’autorità e la sottomissione in tutta la società”, scandiscono i figli di Mohammadi dando la propria voce a quella della mamma che proprio nel giorno della consegna del Nobel ha iniziato uno sciopero della fame “in solidarietà con la minoranza religiosa baha’i” la più grande dell’Iran, bersaglio di una discriminazione mirata. Sullo sfondo del palco, una gigantografia di Narges, la folta e scura chioma riccioluta e scoperta. Da far venire i brividi a Khamenei. Alla fine, tutti in piedi per una standing ovation venata di emozione.

Fonte: Il Sole 24 Ore