Non è licenziabile il lavoratore che sputa e danneggia l’auto del collega

Non è licenziabile il lavoratore che sputa e danneggia l’auto del collega

La Corte di cassazione, con l’ordinanza 22593/2025, ha cassato la sentenza della Corte d’appello di Napoli che aveva ritenuto legittimo il licenziamento disciplinare di un lavoratore il quale, dopo aver fatto ingresso nel parcheggio aziendale a bordo di un veicolo condotto da una terza persona, è sceso da quest’ultimo e ha sputato sopra all’automobile di un collega e sferrato un calcio allo specchietto anteriore sinistro, staccandolo e portandolo con sé.

Il giudice di primo grado ha optato per una sanzione conservativa, ritenendo che il fatto rientrasse nella clausola generale, prevista dall’articolo 53, lettera h, del Ccnl dell’industria gomma-plastica, secondo cui è punibile con la multa o la sospensione il lavoratore che «in qualunque modo trasgredisca alle norme del presente contratto, dei regolamenti interni o che commetta mancanze recanti pregiudizio alla disciplina, alla morale o all’igiene». La Corte d’appello ha, invece, ritenuto che la condotta del dipendente rientrasse tra le «gravi infrazioni alla disciplina» per le quali il codice disciplinare (all’articolo 54, comma 1) prevede la sanzione espulsiva, tenuto anche conto che la condotta era contrastante «con regole di portata più ampia ovvero con le comuni, generali e basilari regole di convivenza civile, con la morale e l’etica».

La posizione della Cassazione

La Corte di legittimità, tuttavia, non ha condiviso il ragionamento del collegio di merito e, con un’articolata interpretazione delle clausole generali del codice disciplinare, ha ritenuto che:

  • l’ambito applicativo dell’articolo 53 del Ccnl poteva comprendere sia le condotte omissive, sia attive (come quella del caso specifico);
  • la gravità della condotta non costituirebbe, in sé, un criterio discretivo tra sanzioni conservative ed espulsive secondo l’impianto del codice disciplinare in esame;
  • in base all’articolo 54 del Ccnl, il licenziamento è applicabile nei confronti di quel lavoratore che compia «gravi infrazioni alla disciplina…o che compia azioni delittuose in connessione con lo svolgimento del rapporto di lavoro», mentre nel caso specifico la condotta si era verificata prima dell’inizio dell’orario lavorativo, il che escluderebbe una connessione diretta con l’espletamento della prestazione. Per tali ragioni, la Suprema corte ha cassato la sentenza, rinviando alla Corte d’appello per un nuovo accertamento alla luce di tali principi.

I punti critici

Il ragionamento operato dalla Corte di cassazione desta notevoli perplessità, non tanto riferite ai criteri di interpretazione letterale e sistematica delle clausole generali del contratto collettivo (che, come noto, sconta amplissimi livelli di incertezza e soggettivismo, spesso acuiti da espressioni linguistiche ambigue), quanto agli esiti applicativi.

Fonte: Il Sole 24 Ore