Non si è mai troppo vecchi per scappare via
Dopo la musica dell’operetta di Payne e l’omonimo film di Griffith ( 1914) “Home sweet home”, ripreso anche dalla band americana Motlely Crue quarant’anni fa, oggi diventa il titolo di un libro di Andrea Kerbaker nell’ italiano “Casa, dolce casa”. Fin dal titolo non ci sono dubbi, è lì che si vuole stare o meglio ritornare dalla seppur accogliente casa di riposo da cui scappare VIA VIA VIA. Non c’è il punto interrogativo come nel film di Benjamin con Tom Hanks, c’è lo stesso desiderio che anima Dorothy ne “Il Mago di Oz” che con un battere dei tacchi delle scarpette rosso rubino vuol tornare a casa nel Kansas dove viveva dalla zia.
Insomma c’è sempre una Itaca per tutti quanti dove fare ritorno e Kerbaker lo ribadisce nel suo esordio narrativo del suo ultimo libro dopo aver spaziato a lungo nella saggistica. La storia di un ennesimo ritorno in quello che è un ultraluogo, la dolce casa, è narrata in seconda persona singolare, col tu e in effetti per un appassionato lettore come lui non poteva essere altrimenti vista la sua confidenza che ha anche coi suoi tanti lettori.
Il signor Coleridge
Nonostante la sua vasta conoscenza della letteratura ha ammesso che è stata una scelta audace, anzi si fosse ricordato che al tu, molto insolito, ricorre Italo Calvino in “Se una notte d’inverno un viaggiatore”, si sarebbe guardato bene dall’utilizzarlo al momento della decisione sulla voce narrante. Ma prima di scappare VIA nella fuga finale c’è un lungo percorso soprattutto interiore da fare, una riflessione sulla difficoltà di accettare di invecchiare, magari bene. Sono considerazioni fatte con un certo spirito, da humour inglese, per alleggerire una tematica dove è facile cadere nella pesantezza se non nella disperazione esistenziale come in Kierkegaard. Anzi il libro è pieno di speranza appunto di fare un piano di fuga da dove si sente di stare stretti se non proprio costretti; ad agitare il protagonista il signor Coleridge è una forza vitale che lo spinge a un paio di tentativi prima di farcela. Ma il problema poi è cosa si trova, non ci sono più i soliti punti di riferimento.
Come per Ulisse al suo ritorno a Itaca anche George dovrà fare i conti coi cambiamenti cui va incontro, da quelli interiori a partire dalla difficoltà motorie a quelli esteriori di un ambiente e di un contesto sociale mutato. Di certo per Kerbaker ci sono dei punti di riferimento letterari ben precisi, la fuga dalla vecchiaia è un topos narrativo letterario oltre che autobiografico, per esempio Tolstoj che ultraottantenne malato scappa via da Jasnaja Poljana. Certo oggi con l’allungarsi della vita gli ottanta e passa anni, non sono più delle colonne d’ Ercole da varcare. E’ l’età degli ultimi due presidenti americani, ormai facile da raggiungere tanto che i leader delle superpotenze quando si sono incontrati di recente a Pechino fiduciosi pensano di puntare ai 150 anni. Ma questo traguardo non interessa al saggio Kerbaker, anzi ha detto che per lui già gli ottanta sono tanta roba. Nonostante oggi si preferisca parlare di “ederly adults” di anziani adulti, alla fine sempre di vecchiaia si tratta ed il libro certo non lo nasconde. Anzi come fa Virgilio ci ricorda che “il tempo porta via tutte le cose”, e non mancano di ribadirlo le peripezie di George.
Fonte: Il Sole 24 Ore