
Non solo Kiev: tutti gli ostacoli sulla strada dell’allargamento Ue
BRUXELLES – Ancora una volta, i leader europei qualche giorno fa hanno accolto il presidente ucraino Volodymyr Zelensky con baci, abbracci, e tributi di fiducia e solidarietà. A tre anni e mezzo dallo scoppio della guerra con la Russia l’appoggio europeo a Kiev, pur tra alti e bassi, non è mai mancato. Al tempo stesso latita la promessa di una adesione rapida all’Unione europea. Gli ostacoli posti dall’Ungheria sono soltanto quelli più evidenti.
Nell’incontro della Comunità politica europea che si è tenuto giovedì scorso a Copenaghen, il premier Viktor Orbán ha confermato che per ora non intende dare il suo benestare all’apertura del primo capitolo negoziale (dedicato allo stato di diritto). Le regole comunitarie prevedono l’accordo all’unanimità. Nei fatti Budapest sta ponendo il veto: «L’adesione è troppo – ha detto il primo ministro in Danimarca -. Abbiamo solo bisogno di un accordo strategico».
Formalmente l’Ungheria rimprovera a Kiev di non rispettare gli impegni di tutela dei diritti della minoranza ungherese in Ucraina, in tutto 100-150mila persone. In politica interna, il premier Orbán conta sull’appoggio dei tanti ungheresi all’estero, retaggio della divisione del paese dopo la Grande Guerra. Molti osservatori imputano la rigida posizione ungherese alla campagna in vista delle politiche dell’aprile 2026 e al tentativo di strappare fondi europei attualmente congelati.
In giugno, il governo ha organizzato una consultazione non vincolante. Secondo lo stesso premier, il 95% dei votanti si è detto contrario all’adesione di Kiev (parteciparono al voto 2,27 milioni di persone, un terzo dell’elettorato). I risultati sono difficili da valutare poiché il governo non ha permesso un monitoraggio della consultazione. In passato la Friedrich Naumann Stiftung, una fondazione tedesca di impronta liberale, aveva definito queste consultazioni delle «campagne di marketing».
Il veto ungherese contro l’allargamento a Kiev sta penalizzando anche la Moldavia. I due paesi vanno a braccetto, per volontà politica dei Ventisette che, per ora, non vogliono separare i percorsi di Kiev e Chișinău. Le due sono ex repubbliche sovietiche, e si teme che un cosiddetto decoupling (disaccoppiamento) indebolirebbe politicamente l’Ucraina sulla scena internazionale. In teoria il primo capitolo negoziale relativo alla Moldavia potrebbe essere aperto poiché Budapest non sta ponendo alcun veto.
Fonte: Il Sole 24 Ore