Nvidia, non solo conti: focus su partnership e forza della domanda di chip
Il valzer delle trimestrali è ormai alle battute finali, ma il passaggio più atteso deve ancora arrivare: questa notte, a mercati chiusi, Nvidia pubblica i risultati del terzo quarter fiscale. Un appuntamento che potrebbe incidere in modo significativo sull’umore degli investitori.
Nell’ultimo mese il titolo si è mosso lateralmente, riflettendo la fase di incertezza che attraversa la narrazione dell’Intelligenza artificiale (Ai). Un tema che oscilla tra entusiasmo e dubbi sulla sostenibilità del boom. I numeri in arrivo potrebbero fornire indicazioni decisive sulla tenuta del ciclo di investimenti in infrastrutture Ai da parte dei giganti tecnologici.
Le attese del mercato
Le previsioni degli analisti, secondo quanto riportato da Barron’s, puntano su una forte crescita: i ricavi di ottobre sono stimati a 54,9 miliardi di dollari, +57% su base annua, mentre l’utile per azione (Eps) rettificato dovrebbe attestarsi a 1,26 dollari. Per il trimestre in corso, il consenso indica ricavi a 62,17 miliardi e un Eps a 1,44 dollari.
I segnali di una domanda robusta non mancano. Il mese scorso il ceo di Tsmc – principale partner produttivo di Nvidia che una azienda fabless – ha descritto una richiesta legata all’Ai «molto forte», superiore alle attese formulate in precedenza. Lo stesso Jensen Huang – ceo di Nvidia – ha rimarcato un interesse «eccezionale» per la nuova generazione di chip Blackwell, aggiungendo che l’azienda avrebbe visibilità su oltre 500 miliardi di dollari di ricavi cumulativi fino al 2026, includendo anche la futura linea Rubin. Un’indicazione la quale, secondo vari analisti, potrebbe implicare addirittura un potenziale rialzo rispetto alle stime correnti.
Investimenti eccessivi e dubbi sui ritorni
Senonché, gli investitori guardano sempre più oltre i conti, cercando conferme sulla durata strutturale della domanda. In questo quadro, un primo focus è sulle partnership con i principali player del settore. A settembre, è noto, Nvidia e OpenAI hanno firmato una lettera d’intenti per una collaborazione che potrebbe prevedere investimenti fino a 100 miliardi destinati alla costruzione di capacità nei data center per l’Artificial intelligence. Si tratta di una situazione che ha dato luogo a molte polemiche. Diversi esperti sottolineano come, attraverso investimenti circolari con ad esempio Oracle, si sia creata una sorta di domanda auto-indotta sull’Ai dove chi finanzia OpenAI è lo stesso che fornisce l’hardware per fare “funzionare” l’Intelligenza artificiale. In un simile contesto Ubs afferma – giustamente – che molto si giocherà sul concretizzarsi della domanda da parte delle imprese. Se le aziende incominceranno a “volere” l’ Ai in quantità – e soprattutto – tempi giusti (2026-2027) allora tutto sarà «ok». Diversamente, potrebbero esserci dei problemi. In particolare, rispetto all’enorme mole di investimenti capitalizzati che gli hyperscaler hanno programmato.
Fonte: Il Sole 24 Ore