Oggi Meloni riceve Abu Mazen: «Con la pace a Gaza l’Italia riconoscerà la Palestina»
Il pieno sostegno all’azione dei mediatori per la cessazione delle ostilità a Gaza. L’impegno dell’Italia «a lavorare a una soluzione politica duratura basata sulla prospettiva dei due Stati, in cui Israele e Palestina coesistano fianco a fianco in pace, con sicurezza per entrambi». La volontà del Governo «di svolgere un ruolo di primo piano nella stabilizzazione e nella ricostruzione della Striscia». Le tre garanzie cardine che quasi un anno fa, il 13 novembre 2024, la premier Giorgia Meloni offriva al presidente palestinese Mahmoud Abbas, noto come Abu Mazen, saranno le stesse che rinnoverà oggi alle 15, accogliendolo di nuovo a Palazzo Chigi. Con una differenza sostanziale: una tregua, seppur ancora fragile, c’è. E la prospettiva del riconoscimento dello Stato della Palestina da parte dell’Italia non è più così lontana come appariva allora.
Sul tavolo la bozza di risoluzione Onu targata Trump
L’incontro avviene proprio nelle ore in cui prende forma la bozza di risoluzione proposta dagli Usa sulla base del piano Trump, che dovrebbe essere votata nei prossimi giorni dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Secondo quanto anticipato da Reuters, prevede il via libera al Board of Peace come amministrazione transitoria della Striscia e il dispiegamento di 20mila soldati, autorizzati a «usare tutte le misure necessarie», ovvero anche l’uso della forza, per portare a termine il mandato.
La denuncia di Abu Mazen: nessuna comunicazione con Israele
Meloni ha già sottolineato come, se richiesto, l’Italia entrerebbe volentieri nel Board e la capacità di dialogo mostrata con tutte le parti – l’Anp e Israele – e con Donald Trump potrebbe giocare a favore, ma è presto per dirlo. Il leader, ormai novantenne, ha rilasciato ad Avvenire proprio oggi un’intervista in cui si duole dell’assenza di dialogo con Israele: «Le comunicazioni politiche dirette tra noi e il Governo israeliano sono pressoché inesistenti». Le priorità dell’Anp? Insieme con la stabilizzazione del cessate il fuoco, indica anche quella di «fermare tutte le misure unilaterali in Cisgiordania e a Gerusalemme, comprese le colonie, il terrorismo dei coloni e le aggressioni contro i luoghi santi islamici e cristiani, nonché liberare tutte le nostre entrate finanziarie trattenute».
La disponibilità italiana per formazione e addestramento
Al tempo stesso, la premier rilancerà la disponibilità italiana a partecipare al piano con la formazione e l’addestramento delle forze di polizia dell’Autorità nazionale palestinese e il rafforzamento delle loro capacità operative. «Siamo pronti a contribuire con i nostri Carabinieri da anni presenti a Gerico, per la formazione della polizia palestinese, e nella missione Ue per Rafah, il cui numero siamo pronti ad aumentare», dirà ad Abu Mazen, come ha anticipato alla Camera il 22 ottobre nelle comunicazioni alla vigilia del Consiglio europeo.
L’incognita dell’impegno diretto nella forza di stabilizzazione
Più delicato da assicurare l’impegno a partecipare all’eventuale forza di stabilizzazione: nonostante l’apertura fatta in Parlamento, il Governo aspetta di comprendere meglio quale sarà il mandato, anche per verificare politicamente la praticabilità dell’invio di militari italiani sul campo. Lo schema di risoluzione Onu contemplerebbe la collaborazione della forza con «una nuova forza di polizia palestinese addestrata e selezionata» per «smilitalizzare la Striscia», distruggere le «infrastrutture militari, terroristiche e offensive» e «impedirne la ricostituzione», nonché di disarmare in modo permanente «i gruppi armati non statali» come Hamas.
Fonte: Il Sole 24 Ore