
Oltre il comando e controllo: persone, autonomia e leadership nell’impresa che cambia
Stiamo vivendo quella che molti definiscono una nuova rivoluzione industriale: un cambiamento radicale che coinvolge tecnologie, competenze e modi di lavorare. Eppure, in tutto il mondo, continuiamo a gestire le imprese con modelli organizzativi nati nell’Ottocento: verticali, rigidi, centrati sul controllo più che sull’autonomia. Sono i modelli ereditati dai principi scientifici del management di Taylor, pensati per ottimizzare il lavoro ripetitivo in fabbrica, oggi ancora sorprendentemente applicati in contesti ad alta complessità e creatività. Le tecnologie cambiano, le persone evolvono, ma molte aziende restano bloccate in un’architettura del potere pensata per un mondo che non esiste più.
Questo scollamento si riflette in una crescente disconnessione tra lavoratori e impresa. Secondo il rapporto State of the Global Workplace 2025 di Gallup, in Italia solo il 10% dei lavoratori si dichiara coinvolto nel proprio lavoro, uno dei dati più bassi d’Europa. Ma il vero impatto non è solo umano. Gallup stima anche che, a livello globale, la produttività persa per mancanza di coinvolgimento abbia generato un costo di 438 miliardi di dollari nel solo 2024. Studi internazionali mostrano che il disingaggio lavorativo può pesare per oltre un punto percentuale di Pil nei Paesi industrializzati. Una zavorra silenziosa che rallenta crescita, innovazione e competitività.
Il cambiamento più urgente che le organizzazioni devono affrontare riguarda il modo in cui intendiamo il management. Più ampia è la distanza tra chi decide e chi realizza, maggiore è il rischio di ottenere risultati mediocri: senza ingaggio, il potenziale delle persone resta inespresso. Se un tempo questa distanza aveva senso, perché il manager deteneva le competenze e le informazioni, oggi accade spesso il contrario: nell’era della conoscenza, sono i collaboratori a sapere di più, più in fretta e con maggiore contesto rispetto ai loro responsabili.
Ripensare l’impresa da una prospettiva diversa
Dobbiamo ripensare l’impresa da una prospettiva diversa. Serve un nuovo sistema operativo per le organizzazioni, capace di accogliere la complessità che nasce dal fatto che le aziende sono reti di relazioni, non semplici organigrammi. Un’organizzazione è molto più simile a un sistema vivente — complesso, adattivo — che non a una macchina complicata da gestire e controllare. La differenza è cruciale: un sistema complicato può essere scomposto nei suoi pezzi, analizzato e rimontato, come un motore; un sistema complesso, invece, è fatto di elementi interconnessi, che si influenzano reciprocamente in modi imprevedibili. Nei contesti complessi non funziona il controllo dall’alto, ma servono modelli organizzativi in grado di adattarsi, apprendere e decentralizzare le decisioni.
Questa nuova rubrica nasce esattamente con questo scopo: portare avanti una nuova narrazione, ispirata al paradigma delle cosiddette “progressive organizations”. Un approccio che mette in discussione tutto: gerarchie, ruoli fissi, metriche obsolete e stili di leadership fondati sul controllo. Parleremo di leadership distribuita, ruoli dinamici, assenza di gerarchie, decision making decentralizzato, trasparenza radicale, feedback continuo, inclusione e valorizzazione delle diversità, tecnologia al servizio della cultura, coinvolgimento attivo delle persone nella definizione della strategia, fino ad arrivare al self-management. Ci chiederemo se l’AI, come sembra, possa davvero abilitare questa nuova prospettiva, disaccoppiando chi possiede la conoscenza da chi esegue. Perché, finora, sapere è potere — e spesso, per molti manager, è l’unico modo per legittimare il proprio ruolo.
Fonte: Il Sole 24 Ore