
«Opportunità sui governativi europei ed emergenti»
C’è valore sui governativi europei e su alcuni emergenti mentre il treasury americano sta perdendo il suo ruolo centrale. Lo spiega Daniele Bivona, gestore di AcomeA Sgr.
Nell’attuale contesto di incertezza, le banche centrali dovranno essere piuttosto reattive nelle loro decisioni. Quali sono le sue stime per il percorso dei tassi in Europa e negli Usa?
Il ciclo di rialzi è alle spalle, ma il mercato sta ancora cercando di decifrare la transizione. In Europa, la Bce ha margine per una discesa ordinata dei tassi verso l’1,50%-1,75% entro metà 2026, favorita da un’inflazione in calo e un’economia moderatamente debole. Ma la vera anomalia arriva dagli Usa: l’annuncio dei dazi ha innescato un repricing violento non solo sull’azionario, ma anche sui governativi. Il movimento si è esteso anche ai Treasury, che in teoria avrebbero dovuto beneficiare del contesto di risk-off. Oggi ci troviamo in una situazione apparentemente contraddittoria: i rendimenti nominali salgono, ma i break-even restano stabili; i tassi reali, invece di scendere in presenza di rischi recessivi, si muovono al rialzo e raggiungono livelli storicamente elevati, oltre il 2,7% a 30 anni. È un segnale chiaro che il mercato inizia a dubitare della funzione rifugio del Treasury.
E cosa si aspetta in particolare nell’Eurozona?
L’Eurozona vive un momento di transizione e ci sembra l’area più vulnerabile. L’inflazione e la crescita sono in calo e il quadro fiscale si sta ricomponendo, soprattutto nei Paesi core, in particolare in Germania. Proprio qui la pendenza della curva tra 2 e 30 anni è tornata positiva: oltre 120 punti base, ai massimi dal 2019. Ovviamente, questa salita dei rendimenti ha avuto un impatto molto severo sui prezzi. Oggi però questi titoli scambiano sui livelli veramente bassi e con rendimenti finalmente appetibili, sia in relazione ai tassi in breve, sia in relazione agli attuali livelli di inflazione. Pertanto riteniamo la duration europea, soprattutto nella parte ultra long e core, come una delle maggiori opportunità di investimento in questa fase. Al contrario, vediamo la periferia ancora vulnerabile da un punto di vista di fondamentali, soprattutto se guardiamo anche le attuali valutazioni poco interessanti.
Oltre che dall’inflazione, gli investitori sono preoccupati dall’eccessivo indebitamento americano. A quanto potranno arrivare i rendimenti dei Treasury?
Il nodo non è tanto dove si assesteranno i rendimenti, bensì cosa stanno già prezzando: i tassi reali ultra long restano oltre il 2,7 %, un’anomalia se si considera che la crescita rallenta e l’inflazione rientra, segnale che il mercato non mette più in discussione l’inflazione, ma la sostenibilità fiscale e geopolitica degli Stati Uniti. È il sintomo di un equilibrio che si incrina: Washington continua a collocare debito record mentre, sul piano industriale, irrigidisce i rapporti con Pechino e Ue. Dopo aver garantito per decenni stabilità monetaria e sicurezza globale, il rischio è uno shift strutturale negli equilibri geopolitici e finanziari dove non si potrebbe del tutto escludere un default mascherato. In questo contesto stimiamo un fair value sul decennale fra 4 e 5%, con bias al rialzo finché non verrà ricostruita fiducia nel dollaro.
Fonte: Il Sole 24 Ore