Pandemia, l’Emilia fa dietrofront e nega gli indennizzi alle cliniche private: oltre 80 milioni da restituire

Pandemia, l’Emilia fa dietrofront e nega gli indennizzi alle cliniche private: oltre 80 milioni da restituire

All’inizio della pandemia di Covid 19 si accordarono con la Regione Emilia – Romagna per rimanere sempre aperte e in piena efficienza, senza ricorrere agli ammortizzatori sociali per il personale medico e infermieristico. Era il 20 marzo del 2020. A quell’accordo seguirono due delibere. Una lo stesso anno e una seconda, l’11 novembre del 2024, per il calcolo delle indennità e dei ristori che nel frattempo erano stati anticipati. Indennizzi, per oltre 80 milioni di euro, che ora le cliniche private potrebbero essere costrette a restituire: la Regione ha infatti annunciato la revoca, in autotutela, di quello stesso provvedimento. “In pratica ci ha comunicato ufficialmente di non volerci riconoscere nulla per il periodo pandemico e di avere l’intenzione di procedere alla richiesta di rimborso delle somme a suo tempo erogate, anche sotto forma di prestazioni sanitarie gratuite ai cittadini”, dice Cesare Salvi, presidente regionale di Aiop, l’associazione della sanità privata alla quale in Emilia-Romagna fanno capo oltre 40 cliniche accreditate, per un totale di 8.800 dipendenti. Un terremoto.

Verso il ricorso al Tar

“Ci opporremo con tutte le nostre forze e in tutte le sedi competenti, a partire dal Tribunale amministrativo regionale”, prosegue Salvi, che sottolinea come la decisione sia stata inaspettata. “Se non ci fidiamo di una delibera di Giunta di cosa ci dobbiamo fidare?”, si chiede ancora, rilevando che “in Piemonte e in Lombardia tutte le pratiche relative agli indennizzi per l’emergenza sanitaria sono state chiuse da tempo”. Era stato l’allora presidente della Regione Stefano Bonaccini, mentre il Paese precipitava nell’emergenza, ad accordarsi con la sanità privata. L’intesa confluita nella delibera 344 prevedeva che le strutture accreditate rimanessero aperte e pienamente operative, senza utilizzare lo strumento della cassa integrazione per il personale. Per la disponibilità del sistema privato – a intervenire anche laddove la sanità pubblica non era in grado, come interventi chirurgici su pazienti oncologici – era stata stabilita l’erogazione di un acconto pari all’80% della differenza tra quanto effettivamente fatturato nei mesi del 2020 interessati dalla pandemia e la media mensile di quanto fatturato nel 2019. In sostanza, sostiene Aiop, la “mera copertura dei costi di gestione delle cliniche private accreditate”.

Un tetto alla mobilità da altre regioni

La Regione, attraverso l’assessore e il direttore generale della Sanità, rispettivamente Massimo Fabi e Lorenzo Broccoli, ha comunicato la propria decisione all’associazione nel corso di un incontro che si è svolto lunedì. Incontro durante il quale ha anche annunciato la volontà di mettere un tetto alla mobilità dei pazienti provenienti da altre aree del Paese. Limite che comporterebbe una perdita non solo per la sanità pubblica ma anche per quella privata (si stimano 45 milioni di euro all’anno in meno solo per le strutture accreditate). La sommatoria di questi due provvedimenti secondo Aiop avrebbe un notevole impatto negativo non solo sulle prestazioni ai cittadini ma anche sull’indotto del sistema sanitario nel suo complesso. Da qui la richiesta di Salvi, che vuole incontrare il presidente della Regione Michele De Pascale.

Fonte: Il Sole 24 Ore