Parla la moglie di Assange: «Julian è un simbolo per la libertà di tutti. Per certi versi, come Bitcoin»

Parla la moglie di Assange: «Julian è un simbolo per la libertà di tutti. Per certi versi, come Bitcoin»

Quale lezione possiamo imparare dalla storia di Julian?

«Ci sono molte lezioni da trarre. Una è che un movimento globale può liberare un prigioniero politico. Il sostegno è stato costante e crescente, dal basso fino ai livelli più alti della politica. C’erano capi di stato come Lula da Silva che parlavano costantemente del caso di Julian, o il presidente del Messico. Si è trattato di un movimento non gerarchico; era ovunque. E ci insegna qualcosa di molto positivo: anche se hai avversari molto pericolosi e potenti, una società può resistere. Ma la società ha vinto solo perché Julian è sopravvissuto cinque anni, e c’era il dubbio che potesse farcela. Ci dice anche molto sulla situazione attuale, dove assistiamo a uno smantellamento delle protezioni per la libertà di stampa e dei diritti di base che erano solidi 15 anni fa, quando tutto è iniziato, per l’accesso pubblico alle informazioni e la trasparenza. Il Consiglio d’Europa ha condotto un’indagine e un rapporto sul caso di Julian, e la conclusione è stata che Julian è stato un prigioniero politico detenuto nel Regno Unito a Belmarsh per cinque anni, e che le garanzie per proteggere i giornalisti di fatto non esistono, e che occorre una riforma».

Parlando ora di Bitcoin, associato spesso a privacy e libertà, pensi che questa tecnologia possa contribuire alla libertà di espressione e alla lotta per la trasparenza?

«Bitcoin è stato essenziale per la sopravvivenza di WikiLeaks, perché il primo punto di strozzatura, il primo attacco a WikiLeaks, fu il suo sostegno finanziario. WikiLeaks, a differenza di giornali o alcune ONG, che di solito sono finanziati dalla pubblicità o da fondazioni e talvolta dai governi, era diverso, perché riceveva solo donazioni dal pubblico, ed era una piccola organizzazione, quindi riusciva a sopravvivere grazie alle donazioni pubbliche. Ma nel 2010, quando WikiLeaks iniziò a pubblicare i documenti di Chelsea Manning, gli Stati Uniti se ne resero conto e imposero un blocco bancario su Bank of America, PayPal, Visa e MasterCard per bloccare le donazioni. Poi, alcuni mesi dopo, alcune delle prime persone coinvolte nel mondo di Bitcoin fecero delle donazioni in Bitcoin. WikiLeaks trovò modi alternativi per ottenere supporto, e uno di questi fu proprio Bitcoin. E, ovviamente, a quel tempo il valore di Bitcoin era molto basso, ma fu proprio questo che permise a WikiLeaks di sopravvivere. Inoltre, il motivo per cui la comunità Bitcoin sostiene così tanto Julian e WikiLeaks: deriva in qualche modo dalla stessa filosofia. Sì, quella dei cypherpunk. Julian era, o meglio è, un cypherpunk, ma ha applicato la sua filosofia cypherpunk alla libertà d’informazione, per garantire l’anonimato delle fonti e poter distribuire informazioni in modo democratico. Mentre Satoshi e altre persone hanno usato questa filosofia e tecnologia per trovare un sistema distribuito per le transazioni. C’è un’origine comune tra progetti diversi, ma con lo stesso obiettivo: risolvere il problema della censura, sia finanziaria che informativa, e del controllo, distribuendolo. Ed è per questo che questa comunità comprende l’importanza di WikiLeaks ed è stata così di supporto alla libertà di Julian e al valore più ampio della lotta contro la censura».

Pensa che suo marito continuerà ad impegnarsi per la privacy online e la libertà?

Fonte: Il Sole 24 Ore