Parolin alla Cop30: «Il climate change genera più sfollati dei conflitti»
Il riscaldamento causa «più sfollati» dei conflitti: tocca al segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, mettere l’accento sulla dimensione umanitaria della crisi climatica. Lo fa dal pulpito di Belem, nella seconda giornata del vertice politico che anticipa la Cop30.
Parlando ai media vaticani, Parolin ha così ricordato che i disastri naturali scacciano dai loro luoghi d’origine milioni di persone, soprattutto nei Paesi poveri e meno capaci di rispondere alle sfide dell’adattamento. Sono i rifugiati climatici, in fuga dalla povertà generata non dalla guerra, ma dagli effetti del global warming.
200 milioni di rifugiati climatici
Già nel 2021, la Banca Mondiale stimava che questa sorte potrebbe toccare a oltre 200 milioni di persone entro il 2050. Un esempio: la nazione insulare di Tuvalu, nel Pacifico meridionale, è candidata a diventare il primo Stato inabitabile, a causa dell’innalzamento del livello del mare. Dal 2023, il Governo australiano offre ogni anno permessi di soggiorno illimitati a 280 tuvaluani, con la prospettiva di reinsediare tutti gli 11mila abitanti in 40 anni.
Sempre la Banca Mondiale, nel 2024, avvisava che quasi un individuo su cinque, a livello globale, rischia di subire nel corso della propria vita un grave shock meteorologico, da cui faticherà a riprendersi economicamente.
L’Agenzia Onu per i rifugiati, sempre nel 2024, calcolava che tre quarti dei 120 milioni di persone già sfollate in tutto il mondo vivono in Paesi gravemente colpiti dai cambiamenti climatici, che si sommano a crisi di altra natura, come Etiopia, Haiti, Myanmar, Somalia, Sudan e Siria. Non solo. La competizione per il controllo di risorse primarie sempre più scarse, come acqua e terre coltivabili, rischia di moltiplicare e inasprire i conflitti.
Fonte: Il Sole 24 Ore