
Pd, l’appello di Schlein agli alleati: lavoriamo insieme, non aspettiamo l’ultimo minuto
«Abbiamo seguito testardamente un obiettivo, unità, unità, unità, testardamente unitari. Grazie a questo lavoro paziente, siamo riusciti a chiudere la stessa alleanza progressista in tutte le regioni al voto, avanti insieme, non succede da 20 anni». E ancora: «Dico a Giorgia Meloni: abituatevi, uniti e compatti vi batteremo, prima alle regionali e poi alle politiche, non ve lo faremo più il favore di dividerci».
Schlein rivendica l’unità, Conte frena: «Non è vera alleanza, non siamo cespugli»
Elly Schlein sale sul palco della Festa nazionale dell’Unità di Reggio Emilia con l’orgoglio di chi, nonostante le molte critiche alla strategia del “testardamente unitari”, può dire che finalmente una coalizione di centrosinistra pronta a sfidare la destra al governo c’è. Nonostante i distinguo del leader di Giuseppe Conte, che torna a parlare di «progetto per contrastare questa destra estremista» precisando che non si tratta di vera e propria «alleanza» e che il M5s «non è un cespuglio», ora c’è: Pd, M5s, Avs, Più Europa e financo la renziana Italia Viva, sulla quale fino a poche settimane fa ancora pendeva il veto di Conte. Un indubbio successo per la segretaria del Pd, che ora guarda con più fiducia alle prossime politiche e spera, senza dirlo, di poter correre da candidata premier («quella della premiership non sarà mai una questione di ambizione personale mia o di qualunque altro componente del M5s», rassicura da parte sua Conte).
I nodi: futura premiership e posizione sulla guerra in Ucraina
Ma i nodi, certo, restano ancora da sciogliere: oltre alla questione della guida della coalizione nel caso in cui Meloni riuscisse a riformare la legge elettorale introducendo l’indicazione del nome del candidato premier sulla scheda elettorale (primarie di coalizione, come spera Schlein, o accordo tra i leader su un terzo nome?), la divaricazione più grande tra Pd (e centristi) da una parte e M5s e Alleanza Verdi/Sinistra dall’altra resta la posizione sulla guerra in Ucraina. Sarà per questo che nel suo lunghissimo discorso davanti al popolo dem raccolto a Reggio Emilia (oltre un’ora e mezza) Schlein, dopo aver iniziato con una diretta dalla missione Freedom Flottiglia, si dilunga sulla condanna dei «crimini contro l’umanità» commessi dal premier israeliano Benjamin Netanyahu a Gaza e in Cisgiordania – denuncia che unisce tutte le opposizioni – e accenna solo alla questione ucraina. Sottolineando, accanto alla condanna dell’invasione «criminale» della Russia di Vladimir Putin, anche la necessità di coltivare gli sforzi diplomatici.
Dal Pd barra dritta su Kiev e integrazione Ue
Ma i riformisti dem presenti in platea possono tirare un respiro di sollievo: il sostegno alla resistenza ucraina resta, sia pure accompagnato da un secco no al riarmo dei singoli Stati europei così come proposto dalla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, così come resta l’europeismo tradizionale del Pd: sì al superamento del voto a maggioranza, cooperazione rafforzata tra i Paesi che vogliono procedere nell’integrazione, messa in comune del debito per investimenti nella doppia transizione digitale ed ecologica che nessun Paese europeo può affrontare da solo, una vera politica industriale europea con investimenti comuni annui di 800 miliardi, e draghianamente continuando.
«Giù il costo dell’energia, restituzione del fiscal drag»
Sul fronte interno, inoltre, Schlein rilancia la denuncia dell’immobilismo del governo nei confronti delle imprese e ripropone la ricetta già illustrata al Sole 24 Ore prima della pausa estiva: ripristino di Industria 4.0, abbassamento del costo dell’energia tramite il disaccoppiamento del presso dell’energia da quello del gas, restituzione al ceto medio delle perdite dovute al drenaggio fiscale (“la pressione fiscale è al livello più alto dal 2020, il governo ha incassato dal ceto medio 22 miliardi di tasse in più, è il drenaggio fiscale: questo aumento ha più che mangiato quello che il governo aveva messo per ridurre le tasse. Hanno preso 22 miliardi e ne avevano dati 17. Meloni dovrebbe cominciare da qui, restituire a lavoratori e pensionati queste risorse”).
Fonte: Il Sole 24 Ore