Per i reati ostativi si può escludere la pena sostitutiva

Per i reati ostativi si può escludere la pena sostitutiva

Escludere dalle pene sostitutive i condannati per reati ostativi non è illegittimo, ma l’esecuzione delle pene detentive deve rispettare i principi di rieducazione e di umanità imposti dalla Costituzione.

La Consulta, con la sentenza 139, salva la riforma Cartabia, che nega l’applicazione delle misure alternative al carcere ai condannati per i cosiddetti reati ostativi, previsti dall’articolo 4-bis dell’ordinamento penitenziario. Per il giudice delle leggi, rientra nella discrezionalità del legislatore sbarrare l’accesso al “beneficio” agli autori di una serie di reati, che vanno dai delitti commessi per finalità di terrorismo all’associazione di tipo mafioso, dalla riduzione in schiavitù al traffico di stupefacenti, fino alla violenza sessuale. Un semaforo rosso che la Corte costituzionale non considera in contrasto con la Carta, affermando però che il legislatore e l’amministrazione penitenziaria hanno il «preciso dovere» di assicurare a tutti i condannati a pene detentive «condizioni rispettose della dignità della persona e del principio di umanità della pena».

I dubbi della Corte d’Appello di Firenze

A invocare l’intervento della Consulta era stata la Corte d’Appello di Firenze, secondo la quale la preclusione voluta dalla Cartabia entrerebbe in rotta di collisione con l’articolo 3 della Costituzione a garanzia del principio di uguaglianza e con l’articolo 27 relativo alla funzione rieducativa della pena. Inoltre, sempre secondo il giudice remittente, il paletto introdotto con la riforma censurata avrebbe violato il criterio di delega, contenuto nell’articolo 1, comma 17, lettera c), della legge 134/2021.

Il senso della delega sarebbe stato, infatti, quello di conferire al giudice della cognizione – in omaggio ai principi costituzionali del minimo sacrificio necessario della libertà personale e della finalità rieducativa della pena, nonché nell’ottica di incentivare definizioni alternative del processo – il potere discrezionale di individuare, in ciascun caso concreto, la pena più adatta ad assicurare la rieducazione del condannato e, assieme, la prevenzione del pericolo di recidiva. Un potere discrezionale cancellato per tutti gli imputati colpevoli dei reati ostativi, tradendo così la ratio della legge delega. Per la Consulta però il legislatore delegato non è andato oltre la sua discrezionalità, considerando gli accertamenti non in linea con gli obiettivi della riforma di semplificare, velocizzare e razionalizzare il processo penale.

Fonte: Il Sole 24 Ore