Petrolio, dubbi sull’aumento di produzione Opec+ dopo il rinvio del vertice
La risalita della produzione di petrolio dell’Opec+ sembra allontanarsi ulteriormente nel tempo. Il prossimo vertice, in cui la coalizione dovrebbe aggiornare i piani per la riapertura dei rubinetti, è stato rinviato di quattro giorni, da domenica 1 a giovedì 5 dicembre. E il sospetto tra gli osservatori è che la scelta sia stata almeno in parte dettata dalla necessità di prolungare le trattative, in vista di decisioni che non si annunciano facili.
Consenso unanime per statuto
Il gruppo, che per statuto è obbligato al consenso unanime sulle politiche produttive, ha già fatto slittare due volte il piano per la graduale restituzione al mercato di 2,2 milioni di barili al giorno di greggio, parte dei maxi-tagli che ha introdotto a più riprese dal 2022: l’avvio, in origine previsto a ottobre, era stato spostato prima a dicembre e poi a gennaio 2025.
Ora si tratta di scegliere se rinviare ancora, oppure fronteggiare le conseguenze di una quasi inevitabile caduta dei prezzi del petrolio. Sul mercato c’è infatti un eccesso di offerta, dovuto a una domanda da tempo piuttosto debole, a un boom di produzione in Paesi esterni all’Opec+ (soprattutto Usa, Guyana e Canada) ma anche alla scarsa disciplina di alcuni membri della coalizione su cui forse i sauditi non sono più disposti a chiudere un occhio.
Riad sopporta in modo sproporzionato il peso dei tagli di produzione, mentre altri – in particolare Russia, Iraq e Kazakhstan – non solo non hanno effettuato le strette promesse, ma non rispettano appieno neppure l’impegno a recuperare gli arretrati.
Probabilmente non è un caso che questa settimana ci sia stato un tourbillon di colloqui tra funzionari di questi quattro Paesi, segnalati in via ufficiale dagli stessi governi. Altri saranno forse avvenuti in via riservata.
Fonte: Il Sole 24 Ore