
Pioggia di cause civili, così Google rischia di dover risarcire 12 miliardi di euro
I numeri sono pesanti. A giugno, un giudice di Londra esaminerà la richiesta da 1 miliardo di sterline (circa 1,6 miliardi di dollari) presentata dai siti britannici Kelkoo e Foundem. A settembre, si discuterà ad Amsterdam la causa intentata dalla olandese Compare Group. Ad ottobre e novembre, si terranno diverse udienze in Germania, fra Amburgo e Berlino. Proprio a Berlino si discuterà il caso più ingente: 3,3 miliardi di euro chiesti da Idealo, società controllata da Axel Springer. E non è finita: Pricerunner, ora parte del gruppo svedese Klarna, ha presentato un’azione da 2,1 miliardi, mentre il sito polacco Ceneo chiede 500 milioni di euro.
Le nuove richieste si stanno moltiplicando. Lo scorso mese, ad Amsterdam, è stata depositata una causa da 900 milioni di euro a nome di varie aziende, tra cui il sito tedesco PreisRoboter e il portoghese KuantoKusta. E appena la settimana scorsa, l’italiana Moltiply Group SA ha notificato a Google una richiesta danni da 2,97 miliardi di euro, sostenendo che il proprio sito Trovaprezzi sia stato danneggiato tra il 2010 e il 2017.
Molte aziende hanno anche deciso di rilanciare: Idealo, ad esempio, ha inizialmente chiesto 500 milioni, ma a febbraio ha moltiplicato la cifra per sei.
Chiaramente, la battaglia legale è complessa. Perché le aziende dovranno dimostrare una connessione diretta tra le pratiche di Google e i loro mancati guadagni. Non basterà, infatti, dire che le cose sono andate male, ma occorrerà escludere con precisione altri fattori come il mercato, o scelte manageriali sbagliate.
Inoltre – e questo è sempre utile ricordarlo, quando ci sono di mezzo aziende di Big Tech – anche se le società europee dovessero vincere in tribunale, far eseguire le sentenze potrebbe essere tutt’altro che semplice. In caso di rifiuto da parte di Google, si rischia di dover chiedere l’intervento dei tribunali americani, con conseguenze geopolitiche pesanti. Soprattutto con un Donald Trump mai avaro di critiche pesanti verso l’Europa, ritenuta anche nemica delle Big Tech americane.
Fonte: Il Sole 24 Ore