
Pirateria Tv: operazione Gdf con sequestri tra Sardegna, Puglia, Lombardia e Sicilia
Tutto è partito da un normale controllo amministrativo, ma la scoperta della proiezione “abusiva” di contenuti Pay per View ha fatto partire l’indagine che dal Cagliaritano ha risvolti più ampi con sequestri e perquisizioni in diverse regioni italiane e con il coinvolgimento di autorità statunitensi e dei Paesi Bassi. A portare avanti questa indagine «di contrasto allo streaming illegale di contenuti televisivi e a tutela del diritto d’autore» sono i militari del Comando provinciale della Guardia di finanza del capoluogo sardo.
Identificato un sistema ramificato
Nel corso dell’attività investigativa le fiamme gialle hanno ricostruito un sistema ramificato, «identificando una serie di soggetti coinvolti lungo la filiera della pirateria, inclusi fornitori di contenuti, reti di distribuzione e server». L’attività investigativa, le operazioni hanno riguardato Sardegna, Lombardia, Puglia e Sicilia, punta ora a ricostruire l’intera filiera anche con il supporto degli investigatori degli altri Paesi.
«Atteso che le prime evidenze suggeriscono che la struttura criminale operi su scala transnazionale – scrivono i militari in una nota -, le attività investigative stanno ora proseguendo per la ricostruzione dell’intera filiera e l’acquisizione di ulteriori fonti di prova, con il coinvolgimento delle Autorità statunitensi e dei Paesi Bassi». Fondamentale, come sottolineano gli inquirenti, sarà l’analisi del materiale sequestrato nel corso delle diverse perquisizioni.
Un tassello fondamentale
«Questa operazione rappresenta un tassello fondamentale nella lotta contro la pirateria audiovisiva – fanno sapere dalla Guardia di Finanza con una nota -. La forte sinergia tra la Procura della Repubblica cagliaritana e le Fiamme gialle permette, da una parte, di smantellare le organizzazioni criminali che operano in questo settore, dall’altra, di sanzionare penalmente e amministrativamente tutti i potenziali acquirenti in fase di identificazione». Anche perché, come sottolineano, molto spesso «i proventi dello streaming illegale alimentino l’evasione fiscale ed il riciclaggio di denaro».
L’intervento si inserisce in una cornice più ampia con l’obiettivo di tutelare l’ecosistema digitale, «sostenere l’industria audiovisiva legale e garantire condizioni eque per i professionisti del settore».
Fonte: Il Sole 24 Ore