Più risorse e strategie personalizzate per un reintegro efficace dei detenuti

Più risorse e strategie personalizzate per un reintegro efficace dei detenuti

«Mentre le cooperative sociali costruiscono percorsi all’interno del carcere che riescono poi a portare con successo anche fuori, avvalendosi ad esempio degli aiuti della legge Smuraglia e al netto di un inserimento sul mercato del lavoro che rimane molto mediato, gli imprenditori privati hanno difficoltà concrete nell’importare in carcere il modus operandi dell’impresa e far sì che chi è coinvolto, a fine pena, possa lavorare con profitto. Questo resta il tema su cui si insiste a più riprese ma i risultati non soddisfano: a oggi, su circa 62mila detenuti sono solo 250 quelli occupati da aziende. La buona volontà, purtroppo, non compensa le difficoltà operative».

Per sciogliere i nodi, serve operare in più direzioni. Una delle soluzioni, ad esempio, sarebbe implementare il lavoro da remoto, con benefit anche per la formazione e in linea con le richieste del mercato. E poi puntare sugli investimenti, strutturando strategie costruite «attorno ai bisogni della persona, allineandoli a quelli della rete».

Più risorse all’istruzione

Sul fronte dei progetti scolastici, la situazione sembra meno critica ma è sempre un work in progress. Restano, comunque, una risorsa essenziale, soprattutto per i detenuti giovani.

«L’istruzione rimane uno strumento di potente emancipazione e contribuisce al reinserimento di detenuti ed ex detenuti in società», sottolinea Emidio Musacchio, responsabile del polo di Porto Valtravaglia della Fondazione Asilo Mariuccia. «Nelle carceri sono stati implementati vari programmi, dall’alfabetizzazione base ai corsi universitari, ma ci sono ancora sfide significative da affrontare, come la necessità di risorse economiche, l’accesso a tecnologie moderne e il supporto post detenzione. Occorre, in questo senso, migliorare la collaborazione tra sistema penitenziario, istituzioni educative e non profit. Garantendo a tutti un accesso equo, anche con programmi di tutoraggio e sviluppo personalizzato utili a facilitare la transizione verso la vita fuori dal carcere».

Le misure alternative

In questo quadro, accendere un faro sul reintegro di chi sconta misure alternative alla detenzione è quanto mai necessario. Seppure in Italia, nel 2024, siano state rilevate oltre 90mila persone in detenzione domiciliare o in semilibertà (quindi più dei detenuti incarcerati), il reinserimento non è così semplice. Perché, se da un lato, il lavoro di volontari, Onlus e imprese fa la differenza, dall’altro le norme non aiutano gli imprenditori.

Fonte: Il Sole 24 Ore