
Pizza, consumi in crescita ma è la surgelata che batte tutti
Ed è proprio nel mondo del surgelato che si gioca la competizione in Italia. E non solo perché rappresenta l’86% del giro d’affari della pizza nella Gdo (490 milioni di euro di vendite) ma anche perché è un settore in forte evoluzione, dove aumentano sia la spesa media sia la frequenza di acquisto. E dove si sono affermate due tendenze differenti. Alla classica pizza tonda, acquistata soprattutto per la sua comodità in ottica salva-cena, da qualche anno si sono affiancati i grandi formati, che ottimizzano lo spazio del forno consentendo di soddisfare più persone e si propongono con farciture ricercate. Così, occhieggiando al mondo della pizza gourmet, hanno spostato la pizza surgelata nell’ambito della condivisione, del piacere e della socialità, diventando un’alternativa sfiziosa e conveniente all’acquisto nelle pizzerie al taglio e all’asporto. Questi due segmenti se la giocano ad armi pari, con le pizze rotonde che mostrano un andamento annuo migliore (+5% a volume contro il +3,2% di quelle XL) ma che restano inferiori per giro d’affari (182 milioni di euro contro i 204 milioni delle big).
Ma non è solo in Italia che la pizza vola. Sono i Paesi esteri ora a intercettare l’interesse delle aziende produttrici, più impegnate che in passato a trovare nuovi sbocchi e a guadagnare spazio nell’ampio mercato globale della pizza surgelata (in particolare di quella “italiana” o all’italiana) che, secondo uno studio di Market.us Media, oggi vale 21 miliardi di dollari e che arriverà a 40 miliardi di dollari entro un decennio.
Un mercato che fa gola a molti. Come il colosso tedesco Oekter che ha inserito tra i suoi “brand jewel” la marca di pizza surgelata Ristorante (con cui Cameo realizza il 30% del suo fatturato in Italia) che già oggi vale oltre un miliardo di euro di vendite a livello europeo. I competitor italiani non stanno a guardare e, dopo la fase di sviluppo commerciale, ora stanno puntando a produrre direttamente all’estero anche per superare dazi e barriere.
Lo scorso gennaio il colosso Italpizza (oltre 430 milioni di euro di ricavi, 60% di export) ha riaperto lo stabilimento ex Buitoni/Nestlè, chiuso da due anni, testa di ponte per i mercati del nord Europa. Vi investirà 12 milioni di euro entro il 2028 per arrivare a produrre, a regime, quasi 100 milioni di pizze l’anno.
Ha puntato sugli Stati Uniti, invece, un altro protagonista della pizza surgelata italiana, il gruppo Roncadin (oltre 200 milioni di euro di fatturato 2024) che ha avviato il suo primo stabilimento negli Usa, con una capacità di 25 milioni di pizze surgelate l’anno, e di cui è già previsto il raddoppio, grazie a un finanziamento da 18 milioni di euro ottenuto in gennaio da Bcc Iccrea e Simest.
Fonte: Il Sole 24 Ore