Ponte sullo Stretto, gli Usa frenano: «Non può rientrare tra le spese per la difesa della Nato»

Ponte sullo Stretto, gli Usa frenano: «Non può rientrare tra le spese per la difesa della Nato»

Gli Usa non approvano contabilità creative degli alleati Ue per centrare l’obiettivo di spesa Nato, «mettendo così in guardia l’Italia mentre il governo valuta se conteggiare il ponte sullo Stretto come spesa militare». Lo scrive Bloomberg citando un’intervista all’ambasciatore Usa alla Nato Matthew Whitaker. «Ho avuto conversazioni anche oggi con alcuni Paesi che stanno adottando una visione molto ampia della spesa per la difesa» ed è «molto importante» che l’obiettivo del 5% si riferisca specificamente alla difesa e alle spese correlate e che l’impegno sia «assunto con fermezza». «Seguo con molta attenzione», ha aggiunto Whitaker.

L’Italia si è impegnata ad aumentare le spese per la difesa al 5% del Pil

Insieme agli altri membri dell’Organizzazione del Trattato dell’Atlantico del Nord, l’Italia si è impegnata ad aumentare la spesa per la difesa al 5% del Pil, soddisfacendo una richiesta del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, in occasione del vertice di giugno all’Aia. L’idea che un progetto da 13,5 miliardi di euro (15,7 miliardi di dollari) che collega la Sicilia alla terraferma italiana possa essere finanziato classificandolo come relativo alla difesa ha attirato l’attenzione.

L’ambasciatore Usa: impegno da prendere «con serietà»

Non così in fretta, avverte gli Stati Uniti. «Ho avuto conversazioni anche oggi con alcuni paesi che stanno adottando una visione molto ampia della spesa relativa alla difesa», ha detto martedì 2 settembre l’ambasciatore statunitense presso la Nato Matthew Whitaker in un’intervista al Bled Strategic Forum in Slovenia. Era «molto importante» che l’obiettivo del 5% si riferisse specificamente alla difesa e alla spesa relativa alla difesa e che l’impegno fosse preso «con serietà», secondo l’inviato. «Non si trattava di ponti che non hanno alcun valore strategico militare», ha detto. «Non si trattava di scuole che, in qualche modo, in un immaginario mondo fantastico, sarebbero state utilizzate per qualche altro motivo militare».

«Ora abbiamo meccanismi di monitoraggio»

Alla domanda specifica se il ponte sullo Stretto di Messina rientri nella categoria delle spese militari legittime, Whitaker è stato chiaro. «Ho osservato la situazione con molta attenzione», ha detto. «La cosa positiva di questo momento alla Nato rispetto al vertice del Galles del 2014 è che abbiamo dei meccanismi di monitoraggio». Diversi funzionari e politici italiani hanno valutato la possibilità di classificare il ponte come un bene militare che potrebbe quindi essere conteggiato nella spesa della Nato. Una delle argomentazioni era che la Sicilia ospita una serie di basi militari chiave, comprese quelle utilizzate dalle forze dell’Alleanza atlantica. Un documento governativo di aprile descriveva il ponte come «di importanza strategica» per la «sicurezza nazionale e internazionale» e affermava che «svolgerà un ruolo chiave in un contesto di difesa e sicurezza, facilitando il movimento delle forze armate italiane e alleate». Non c’è ancora una decisione definitiva e l’idea è stata discussa a livello ministeriale, tra il Tesoro, il Ministero della Difesa e l’ente responsabile delle infrastrutture.

La posizione di Salvini

Bloomberg ricorda che il vice primo ministro italiano Matteo Salvini, che sovrintende anche ai trasporti e ha guidato lo sforzo per la costruzione del ponte, ha lasciato aperte tutte le opzioni. «Potrebbe essere un doppio uso, in modo che ci possa essere un uso multiplo anche per ragioni di sicurezza», ha detto ai giornalisti in una conferenza stampa il mese scorso. Ma gli Stati Uniti, osserva ancora Bloomberg, cercano prove che i loro alleati stiano spendendo per battaglioni, artiglieria e carri armati – elementi necessari per combattere – e non per stravaganti imprese ingegneristiche.

Fonte: Il Sole 24 Ore