Ponte sullo Stretto, tutti i nodi da sciogliere. Ora si blindano i fondi

Ponte sullo Stretto, tutti i nodi da sciogliere. Ora si blindano i fondi

Sono giorni cruciali per il Ponte sullo Stretto, l’opera che tra avanti tutta e pesanti stop tiene banco a fasi alterne sulle cronache. E che negli anni è diventata terreno di scontro politico tra i partiti, favorevoli e contrari, associazioni ambientaliste, sindacati, movimenti di rappresentanza dei cittadini. Le ultime novità riguardano i fondi, circa 3 miliardi di euro a quanto si apprende, che andranno blindati con un ritocco alle tabelle 2025 come ha annunciato qualche giorno fa il ministro Salvini. “Dobbiamo mettere in sicurezza i fondi necessari all’opera che siamo determinati a portare avanti”, aveva detto il vicepremier. E con lo slittamento in avanti dei cantieri ora è questa una delle priorità.

Lo scenario

Dopo la brusca frenata impressa dalla Corte dei conti che la scorsa settimana ha negato il visto di legittimità sulla delibera Cipess, ora per il governo e per il leader del Carroccio, che al Ponte ha legato a doppio filo il suo mandato al dicastero di Porta Pia, non rimane che attendere le motivazioni. Sarà lì, davanti alle obiezioni dei giudici contabili, che si giocherà il secondo tempo di questa vicenda. L’ipotesi che circola è quella di mettere velocemente in piedi un nuova delibera da passare al vaglio del Cdm per poi ritornare davanti alle sezioni riunite della Corte per un ultimo tentativo. L’ambizione, dicono nei corridoi, è di incassare una legittimità piena all’opera. Un sì traballante viene letto oggi come lo scenario più temuto, perché aprirebbe la strada a contenziosi oltre che esporre i protagonisti a responsabilità anche di natura giudiziaria. Ma del resto per un’opera che è passata dai quasi 5 miliardi del 2001 (delibera Cipe 121/2001) ai 6,3 miliardi stimati dalla Corte dei conti nel 2011 fino agli 8,5 miliardi dell’anno seguente e infine ai 13,5 miliardi di oggi la lente della spesa deve essere grande e messa bene a fuoco. Il governo e la concessionaria Stretto di Messina ne sono certi: carte alla mano chiariremo tutto, promettono.

I rilievi della Via

Ma intanto è utile ripercorrere gli ostacoli chemano mano, da quando il progetto è risorto sono spuntati sulla strada della sua realizzazione. A cominciare dalle prime osservazioni nell’ambito della procedura Via, la valutazione di impatto ambientale, che il progetto – tra le proteste delle associazioni ambientaliste – ha poi incassato con prescrizioni. In tutto 239 da parte della Commissione che opera all’interno del ministero dell’Ambiente: tra queste le valutazioni di incidenza ambientale, il piano di utilizzo delle terre e verifiche di ottemperanza, oltre alle altre questioni legate all’impatto dell’opera sull’ambiente e alla sua realizzazione; l’analisi dei costi benefici con la richiesta di meglio chiarire il «contesto sociale, economico, politico e istituzionale in cui si cala il progetto», i costi di mantenimento dell’opera con la «richiesta di specificare meglio la tipologia e varietà di costi di investimento, manutenzione e gestione dell’opera».

I rilievi Anac

Dal canto suo anche l’Anticorruzione, guidata da Giuseppe Busia, si era espressa con chiarezza sui punti critici, a suo avviso, dell’opera. Un dossier articolato, che risale alle audizioni sul decreto legge 35/2023 e ai successivi pareri del 2024, e che aveva anticipato molti dei nodi che ancora oggi pesano sull’iter dell’opera. Il primo rilievo riguarda l’architettura stessa del progetto di legge che ha riattivato la società Stretto di Messina. Anac aveva segnalato l’incoerenza tra la previsione di un nuovo consiglio di amministrazione – indicato dal Mit per valorizzare le migliori competenze del Paese – e l’ipotesi parallela di affidare la gestione a un commissario straordinario. Un corto circuito istituzionale che, secondo l’Autorità, rischia di indebolire la governance della società concessionaria. Le obiezioni di Anac toccano anche i parametri di sostenibilità economica ma ci sono due aspetti centrali su cui Busìa batte da anni e che riecheggiano anche nelle osservazioni della Corte note fino a qui (e che probabilmente saranno ripetute nelle motivazioni finali, quelle attese entro la fine di novembre).

Fonte: Il Sole 24 Ore