Porto Rotondo, scontro sul futuro urbanistico: tra tutela del paesaggio e nuove edificazioni

Porto Rotondo, scontro sul futuro urbanistico: tra tutela del paesaggio e nuove edificazioni

Porto Rotondo torna al centro dell’attenzione per il futuro del suo assetto urbanistico. Il Consiglio Comunale ha infatti discusso votato e approvato a maggioranza il 30 luglio, il nuovo Piano Particolareggiato per la frazione, celebre per il suo pregio architettonico, portando alla luce una frattura profonda tra le posizioni dell’Amministrazione e quelle della Fondazione Porto Rotondo, preoccupata che le nuove edificazioni mettano a rischio lo spirito originario del borgo.

Il nodo del Piano Particolareggiato: nuove volumetrie e vecchie incompiute

Il piano approvato in aula, come spiega al Sole 24 Ore il sindaco Settimo Nizzi, «non è un piano di nuove edificazioni in senso stretto, ma il completamento di quanto era già stato previsto dal vecchio piano particolareggiato del 1998. Un piano che allora consentiva fino a 60mila metri cubi di edificato e che oggi viene ridotto a 20mila metri cubi, con la contestuale cessione al Comune degli standard urbanistici e la realizzazione delle infrastrutture mancanti: strade, sistema fognario, illuminazione, spazi verdi», precisa Nizzi. La decisione dell’Amministrazione è motivata dalla necessità di «concludere un iter amministrativo rimasto sospeso per oltre trent’anni e aggravato dal fallimento delle società precedenti a cui era stata affidata la lottizzazione. Oggi, i nuovi proprietari si sono impegnati a completare le opere di urbanizzazione e le infrastrutture che i precedenti titolari non avevano portato a termine», aggiunge il sindaco. Quanto alla coerenza paesaggistica, Nizzi rassicura: «le nuove edificazioni saranno armonizzate con quanto esiste, sotto l’egida della soprintendenza e delle autorità competenti. Non ci sarà spazio per ecomostri o strutture invasive».

La Fondazione Porto Rotondo: «Si rischia di perdere l’identità del borgo»

«Abbiamo chiesto di fermare qualsiasi nuova edificazione e di assoggettare l’intero ambito a tutele paesaggistiche e ambientali coerenti con il Piano Paesaggistico Regionale, spiega al Sole 24 Ore Leonardo Donà dalle Rose, presidente della Fondazione Porto Rotondo. «Il rischio concreto è alterare irreversibilmente l’equilibrio tra costruito e natura che rende unico il borgo», continua Donà dalle Rose, che lamenta la «mancanza di confronto pubblico e la volontà di approvare il Piano in assenza di una pianificazione generale aggiornata e condivisa». La posizione della Fondazione è che eventuali “limitate” possibilità edificatorie siano ammesse solo se sottoposte a rigorose misure di controllo, capaci di garantire nel tempo la continuità del paesaggio e del suo spirito e la necessaria sicurezza.
Quali le criticità che vengono ravvisate? «I principali rischi paesaggistici connessi a un intervento immobiliare come quello previsto dal Piano Particolareggiato riguardano la possibile perdita degli elementi che definiscono l’identità stessa di Porto Rotondo», continua Donà dalle Rose. Il borgo – rileva – si riconosce in un equilibrio raro tra costruito e natura: edifici pubblici e residenze si alternano a macchia mediterranea e affioramenti granitici secondo una misura precisa, una proporzione calibrata, una giacitura orizzontale che asseconda dolcemente l’andamento del paesaggio. È in questa armonia, tra forme e vuoti, pieni e silenzi, che risiede l’unicità del luogo e la coerenza del suo disegno originario.

Secondo il presidente della Fondazione, «la procedura seguita dal Comune appare una forzatura. Ci sembra quindi che l’approvazione del Piano particolareggiato, prima del Piano Urbanistico Generale (Puc), sia una forzatura. Un’operazione fatta per anticipare e di fatto rendere inutile il confronto sulle norme e sulle tutele, per mettere i cittadini di fronte al fatto compiuto». E ancora: «Non chiediamo uno stop cieco allo sviluppo, ma pretendiamo che ogni trasformazione sia all’altezza dei valori che fanno di Porto Rotondo un luogo irripetibile. Le analisi urbanistiche e demografiche non giustificano nuove edificazioni: la vera posta in gioco non è la domanda abitativa, quanto la valorizzazione fondiaria svincolata dall’interesse pubblico».

Fonte: Il Sole 24 Ore