Poste, i vertici in roadshow a Londra in vista della privatizzazione

«Siamo in attesa di istruzioni, di indicazioni da parte dell’azionista. Gestiamo la società e abbiamo presentato il nostro piano industriale a 5 anni». Matteo Del Fante, ad di Poste Italiane, il 16 e il 17 aprile ha condotto, assieme al direttore finanziario del gruppo, Camillo Greco, un roadshow a Londra a valle della presentazione del piano industriale a 5 anni avvenuta lo scorso 20 marzo. Con l’occasione, ha rilasciato interviste ai media locali rispondendo così – appunto di essere in attesa di istruzioni da parte dell’azionista ministero dell’Economia – alle domande sulla possibile cessione di una nuova tranche. Agli occhi attenti degli operatori della piazza londinese non è sfuggito, però, il fatto che il numero uno di Poste non si vedeva in visita ufficiale da un bel po’. In genere ai roadshow per presentare i risultati di fine anno era più consueto vedere il direttore finanziario. E poi ci sono le interviste con la stampa locale. Insomma, la sensazione è che il management abbia condotto un test sugli investitori istituzionali, forse anche con brench londinesi di fondi americani, in vista della vendita di una ulteriore quota del capitale della società. Secondo rumors non confermati, il management sta avviando tutte le iniziative per essere pronto ad avviare un’operazione di vendita, se si creassero le condizioni, già entro l’estate. In occasione di un’intervista rilasciata a Bloomberg, Del Fante ha riferito le impressioni raccolte tra gli investitori. Alla domanda domande se avesse testato l’interesse degli investitori per la cessione, ha detto che il feedback raccolto è che «se e quando ci sarà un’operazione sicuramente saranno interessati».

Del Fante: gli investitori esteri oggi assai più informati e interessati alla nostra storia

A proposito di come gli investitori esteri hanno accolto il piano di trasformazione di Poste, Del Fante ha restituito un’impressione molto positiva. «A distanza di 7 anni da quando abbiamo lanciato il piano Deliver 2022, gli investitori hanno cominciato a capire l’idea di costruire una piattaforma multiprodotto. Abbiamo riscontrato che stiamo dimostrando loro che stiamo ottenendo, in ogni singola verticale di prodotto, i benefici della strategia di piattaforma. Ho trovato gli investitori assai più informati e più interessati alla nostra storia e penso che questo rappresenti un buono slancio per noi. Siamo molto differenti dagli operatori postali degli altri paesi, perché abbiamo diversificato sin dalla fine del secolo scorso. Una prima vera diversificazione del business è iniziata a fine anni ’90 verso i prodotti finanziari, a cominciare dal risparmio postale che è garantito dal governo, poi con i prodotti di assicurazione vita e poi verso i pagamenti. Siamo la più grande emittente di carte di pagamenti in Italia e poi servizi per le famiglie. L’ufficio postale è ovunque in Italia e sono posti dove tutti possono entrare, acquistare prodotti e servizi per la casa come la fibra, elettricità e gas al dettaglio».

Il calo della posta? «Iniziato 7 anni fa con la fine delle spedizione di fatture»

Il manager ha poi riassunto le principali azioni concotte in questi anni. «Siamo riusciti a stabilizzare il nostro portafoglio di investimenti: non abbiano rischio di credito, investiamo in obbligazioni governative principalmente a tasso fisso, siamo poco sensibili alle fluttuazioni dei tassi di interesse. Nel nostro piano industriale l’area dove cresceremo di più nei prossimi 5 anni è proprio quella che punta a soddisfare i bisogni delle famiglie, su pagamenti, elettricità e gas. Questo in termini di volumi. In termini di contributi all’utile netto la parte del leone la fanno ovviamente le assicurazioni e il risparmio postale, che rimane centrale. Ora dobbiamo concentrarci nell’esecuzione di due linee: dobbiamo essere più vicini ai clienti nel nostro modello di servizio nei prodotti finanziari. Dobbiamo diventare più dinamici, non orientati alla transazione, ma orientati alla relazione negli uffici postali. E poi c’è la grande trasformazione nel settore dei recapiti: l’Italia ha volumi molto bassi di corrispondenza e questo ci sta spingendo a essere più reattivi rispetto a Regno Unito, Germania e Francia e Stati Uniti».

«Sui recapiti dobbiamo essere più reattivi di Regno Unito, Germania, Francia e Usa»

Del Fante ha poi fornito una rappresentazione abbastanza inedita delle ragioni della debolezza di Poste Italiane nella corrispondenza. «Ci sono ragioni storiche: 7 anni fa abbiamo raggiunto il livello minimo negli invii di fatture per corrispondenza, in Italia non ci sono più ricevute cartacee da 7 anni. Gli italiani, poi, non usano la posta per ragioni private o personali a differenza di quanto accade in Europa. Il risultato è che vengono spedite una media di 35 lettere all’anno pro capite contro una media europea di 130. Questa è una cattiva notizia in termini di volumi e business e la dobbiamo trasformare in un’opportunità per cambiare il nostro network e fargli fare un’altra cosa. E cioè la consegna dei pacchi».

Fonte: Il Sole 24 Ore