
Pratiche di resistenza all’oppressione alla 13ª Biennale di Berlino
Ha inaugurato sabato 16 giugno la 13ª Biennale di Berlino, aperta fino al 14 settembre, che conferma il forte impegno politico presente fin dalla prima edizione del 1998 e l’autonomia dal mercato dell’arte. Sostenuta dalla Kulturstiftung des Bundes, la Fondazione Federale Tedesca per la Cultura istituita dal governo nel 2002 e finanziata dal Ministero Federale per la Cultura e i Media, la biennale ha visto crescere il sostegno economico nel 2018 con un contributo di 3 milioni di euro per ciascuna edizione.
Un’antologia di pratiche di resistenza e trasformazione
Curata da Zasha Colah (Mumbai, 1982), la mostra presenta una selezione di pratiche di resistenza e reinvenzione culturale in contesti di repressione e censura, coinvolgendo 60 “artistic positions” (collettivi, attivisti e artisti) provenienti da contesti autoritari come Birmania, Afghanistan, Sudan, Congo, Cina, ma anche da Paesi democratici. Le 170 opere, allestite in quattro sedi (KW Institute for Contemporary Art, Former Courthouse, Sophiensæle, Hamburger Bahnhof), sono accomunate dal concept Passing the Fugitive On, che prende spunto dalla figura della volpe come metafora di contenuti artistici “fuggitivi”: opere critiche e politicamente sensibili, capaci di sfuggire al controllo, attraversare confini geografici e ideologici, e raggiungere il pubblico come messaggi da custodire e trasmettere. Tra le opere in mostra: l’illustratore indiano Sarnath Banerjee indaga la crisi dell’immaginazione critica con un’installazione ispirata ai chioschi pubblici indiani; Larissa Araz denuncia la cancellazione culturale in Turchia attraverso disegni murali sulla ridenominazione forzata di specie e territori in nome del nazionalismo; Zamthingla Ruivah Shimray, originaria delle colline Naga in India, trasforma il tessuto in strumento di memoria e resistenza, intrecciando storia, giustizia e pratiche collettive.
Manifestare con l’ironia
Alcune opere propongono un coinvolgimento attivo del pubblico, unendo satira politica e strategie di decolonizzazione. Il collettivo tailandese Panties for Peace presenta un videogioco: un’azione femminista contro la giunta militare birmana, basata su una superstizione secondo cui l’intimo femminile comprometterebbe il potere maschile, che rievoca un’azione postale in cui il gruppo inviò mutandine femminili ai vertici del regime. Il collettivo indipendente argentino Etcétera (installazioni circa 20.000 euro) con «Liberate Mars» trasforma il pubblico in esploratore di un pianeta colonizzato. Al centro della videoistallazione è la denuncia dell’estrattivismo nel Triangolo del Litio (Argentina, Bolivia, Cile), simbolo dell’attuale corsa alle risorse mascherata da transizione ecologica.
Due nuove produzioni di artiste italiane
Al KW Institute, Margherita Moscardini (Gian Marco Casini Gallery e Ex Elettrofonica da 3.500 a 80.000 euro) presenta «The Stairway» (2022-2025), una gradinata composta da 572 pietre numerate che, attraverso un dispositivo legale formulato dal professor Lawrence Liang, sono donate a organismi sovranazionali, città, ecc. a cui è chiesto di qualificarle come oggetti che non possono essere posseduti con lo scopo di creare un’opera, e allo stesso tempo uno spazio, che prende le distanze dalla sovranità del territorio nazionale che essa occupa. Nell’ex tribunale, la Former Courthouse di Lehrter Straße, Anna Scalfi Eghenter (lavori su commissione; installazioni 30.000-150.000 euro) presenta «Die Komodie!», dialogando apertamente con la storia del luogo dove, nel 1916, si tenne il processo contro una figura chiave del comunismo tedesco Karl Liebknecht. Attraverso diversi ambienti e oggetti, l’artista attualizza gli appelli di Liebknecht all’unione dei lavoratori, identificando nel mercato finanziario contemporaneo il nuovo terreno di lotta. All’esterno, la scritta monumentale in neon COMUNISTA, parte del progetto «Communio pro indiviso» (2022), riflette l’idea di una proprietà condivisa, al centro della sua pratica: in questo caso, i collezionisti possono diventare comunisti dell’opera in cambio di una partecipazione al progetto (1 pixel neon a 5.000 euro).
Fonte: Il Sole 24 Ore