
Pratiche quotidiane che trasformano le aziende: ecco come fare
Un’azienda non è una macchina complicata, dove ogni ingranaggio ha una funzione precisa e, se lo controlli, puoi prevedere l’esito. È piuttosto un sistema complesso, fatto di persone, informazioni e strumenti che interagiscono in modi non sempre lineari. È più simile a una città: se le infrastrutture sono ben progettate, l’impresa cresce e innova; se sono rigide, bloccano il potenziale delle persone. Non si tratta dell’ennesima riorganizzazione aziendale, ma di ripensare i fondamentali: prima di tutto la circolazione delle informazioni e la capacità di prendere decisioni. Se i dati non arrivano a chi serve, chi deve decidere non ha l’autorità per farlo e gli errori non diventano occasioni di evoluzione, l’azienda si paralizza come una città in cui le strade non collegano i quartieri. È il cuore della conversazione che ho avuto con Alberto Gangemi, designer organizzativo e autore del libro Organizzazioni aperte. Questo articolo nasce da quel confronto, ricco di esempi e riflessioni su come cambiare le aziende significhi creare nuove condizioni di lavoro, non semplicemente ridistribuire il potere cambiando i nomi alle caselle.
Due vie per cambiare
Al cambiamento si può arrivare per due strade. La prima è rivoluzionaria: abbandonare del tutto la gerarchia tradizionale per adottare modelli come l’olocrazia o la sociocrazia, che meritano un approfondimento a parte. È la prospettiva più vicina a quella che ho raccontato nel mio articolo precedente, in cui parlavo dell’organigramma come ansiolitico organizzativo, ovvero mettere in discussione la struttura stessa. È un percorso affascinante ma rischioso, che poche aziende hanno il coraggio di intraprendere.
La seconda via è più pragmatica, o se vogliamo incrementale, ed è certamente la più fattibile: partire dalle pratiche e dai comportamenti concreti, senza mettere in questione la struttura formale, introducendo pratiche nuove che trasformano il modo in cui si lavora. Ma intendiamoci: incrementale non significa superficiale. Queste pratiche, pur senza rovesciare la gerarchia, hanno un impatto radicale.
Le radicali pratiche quotidiane che fanno la differenza
Ad esempio, condividere obiettivi, risultati e persino salari accessibili a tutti; organizzare riunioni con check-in e check-out, guidate da un facilitatore che non sia il capo dei partecipanti, così che anche i più giovani possano parlare senza timore; creare un marketplace interno di progetti, dove chiunque possa candidarsi in base a competenze e interessi; usare gli OKR per legare in modo chiaro i contributi individuali agli obiettivi strategici. Oppure organizzare veri e propri “TED interni”, in cui le persone condividono esperienze e competenze, molto più stimolanti dei corsi formativi tradizionali imposti da consulenti esterni. È una formula che ho sempre promosso nelle aziende in cui ho lavorato, con ottimi risultati di partecipazione e motivazione.
Tutte queste sono pratiche quotidiane che, passo dopo passo, cambiano davvero la vita in azienda. Un po’ come i sentieri nella foresta descritti da Karl Popper, a cui spesso richiama lo stesso Gangemi: nascono da un primo passo, ma a forza di essere percorsi diventano strade condivise.
Fonte: Il Sole 24 Ore