Prezzi del burro record: in Europa scorte a rischio, preoccupazione anche in Italia

Prezzi del burro record: in Europa scorte a rischio, preoccupazione anche in Italia

Secondo l’USDA, il Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti, il consumo globale di burro dovrebbe (ancora) crescere del 2,7% nel 2025. Contemporaneamente la produzione cala costantemente in Europa. Circa il 70% del prodotto esportato in tutto il mondo proviene da qui e dalla Nuova Zelanda (dove la produzione non è ancora tornata ai livelli pre-pandemici). Entrambi hanno iniziato il 2025 con scorte storicamente basse.

Le cause

La genesi di questa contrazione in Europa risale al 2022, anno in cui il prezzo del latte raggiunse il picco, causa inflazione e caro-carburante, spingendo le aziende a puntare su più prodotti più remunerativi, come i formaggi.

Anche la gestione delle mandrie sta diventando più onerosa e complicata a causa dello stress da surriscaldamento e delle patologie come la Blue Tongue. Preoccupa anche la dermatite nodulare contagiosa, con quattro focolai confermati in Sardegna e un nuovo focolaio nella provincia di Mantova, per un totale di oltre 900 animali coinvolti.

Forte preoccupazione anche in Italia

“I prezzi sono destinati a salire ancora per la forte domanda e per la minore richiesta sul mercato di polveri magre, la cui preparazione produce grasso in eccesso utilizzato per il burro”, spiega a Il Sole 24 Ore Michele Falzetta, general manager di Latteria Soresina. «A questo deve aggiungersi l’andamento negativo del latte, che porta a una riduzione della materia prima», aggiunge. «Come produttori primari – raccogliamo 500 milioni di chili di latte – stiamo puntando sulla produzione della materia grassa, in modo da non farci trovare impreparati in autunno e garantire il prodotto», prosegue.

«Sono molti mesi che le imprese burriere italiane sono preoccupate per l’impennata delle quotazioni all’ingrosso delle materie prime necessarie alla produzione di burro», fa sapere Assolatte. «Nel giro di pochi mesi, siamo passati da quotazioni all’ingrosso vicine ai 4,50 euro/Kg a valori superiori ai sette euro al chilo, con enormi difficoltà a trasferire gli aumenti sui prezzi di vendita. La situazione ora sembra stabilizzata sul livelli di gran lunga superiori a quelli dell’anno scorso, ma le preoccupazioni delle aziende burriere italiane permangono».

Fonte: Il Sole 24 Ore