
Prezzi, volumi, margini: l’auto europea insegue la Cina sul modello operativo
Negli ultimi cinque anni l’industria automotive ha vissuto una fase di eccezionale turbolenza, che ha spazzato via i vecchi cicli economici. Prima la pandemia, poi le crisi delle forniture, la guerra in Ucraina, l’inflazione e oggi l’incertezza geopolitica e commerciale: ogni anno un nuovo shock. Non stupisce dunque che l’ultimo Global Automotive Outlook 2025 di AlixPartners — la ventiduesima edizione — delinei un mercato sempre più competitivo, soggetto a disruption continue, e che richiede ai costruttori occidentali un cambio di paradigma in chiave di agilità operativa, gestione dei costi e capacità di innovazione.
Secondo il rapporto, siamo di fronte alla fine dell’età dell’oro post-Covid per l’auto europea. Quella fase di profittabilità straordinaria, sostenuta da forti aumenti di prezzo e capacità di scaricare i costi sulla filiera e sui consumatori, ha già lasciato spazio a margini più sottili e a un free cash flow in brusca contrazione: -72% anno su anno per i costruttori (Oem), con una redditività tornata sotto il 10%. La filiera dei fornitori, che negli ultimi quattro anni aveva sofferto condizioni anomale, sta lentamente recuperando marginalità (oggi all’11-12%), ma anch’essa si trova in un contesto più fragile e instabile.
Un mercato globale a bassa crescita, Cina esclusa
Il mercato globale, del resto, non offre spazi facili: per AlixPartners, le vendite mondiali di veicoli leggeri cresceranno solo dell’1% nel 2025 e del 2% l’anno fino al 2030. Europa e Stati Uniti, in particolare, sono attesi in leggero calo (-1% nel 2025), mentre la Cina continuerà a salire (+3%). I veicoli elettrificati raggiungeranno il 30% del mercato globale entro il 2030, e il 48% in Europa (inclusi le ibride plug-in e gli emergenti Reev, veicoli elettrici con motore-generatore dedicato alla carica delle batterie), spinti dai target Ue sulle emissioni.
Ma dietro queste cifre si cela un quadro difficile. I prezzi delle auto in Europa sono saliti tra il 40 e il 70% dal 2019, contro un aumento medio degli stipendi del 12% (al contrario di quanto accade in Cina, dove l’indice dei prezzi da 100 nel 2023 è sceso a 84). Il risultato è un problema crescente di prezzi accessibili per i consumatori e volumi stagnanti: per l’Italia, AlixPartners prevede circa 1,8 milioni di immatricolazioni, ben al di sotto dei livelli pre-Covid (2,1 milioni). E mentre i segmenti A e B, più economici, calano, i Suv – più costosi e a maggiore impatto ambientale – dominano ormai il mercato.
Quote di mercato e supply chain: l’Europa cede sovranità
In parallelo, la pressione competitiva cresce: in Europa i marchi cinesi dovrebbero raddoppiare la quota di mercato entro il 2030, passando dall’8% al 13% (dal 5% al 10% se si esclude la Russia), grazie anche alla localizzazione produttiva sul continente. I produttori cinesi aumenteranno di 800mila unità l’anno la loro capacità industriale in Europa entro il decennio, proprio mentre quella dei costruttori europei si ridurrà di 400mila veicoli. Intanto, la saturazione degli impianti di assemblaggio è scesa, dal 75% al 55% in Europa tra il 2017 e il 2025; in Italia il dato è ancora più drammatico: dal 75% al 35%.
Fonte: Il Sole 24 Ore