
Private equity, rallentano gli investimenti nel primo trimestre
La spinta dell’ultimo trimestre 2024 non è continuata in questo inizio 2025 per il settore del private equity in Europa. Il sentiment degli investitori è tornato a toni più cauti, complice l’inasprirsi delle tensioni geopolitiche a livello internazionale e della guerra dei dazi che ha portato alle stelle la volatilità sui mercati azionari. In Europa, poi, l’andamento dell’industria dei fondi chiusi tende a specchiarsi nel trend degli investimenti liquidi e così il primo trimestre del 2025 ha visto il valore complessivo delle operazioni dei private equity scendere del 24,6% su base trimestrale, mentre il numero di deal ha registrato un calo del 17,7% rispetto al trimestre precedente, secondo i dati pubblicati da PitchBook.
«Le tensioni commerciali con gli Stati Uniti, unite all’instabilità politica in Francia e Germania, hanno dominato lo scenario del primo trimestre, alimentando l’incertezza e rallentando le decisioni di investimento. I dazi commerciali introdotti avranno un impatto significativo sulle società in portafoglio dei fondi di private equity e potrebbero ridefinire l’assetto di alcuni settori industriali. Inoltre, essendo generalmente inflazionistici, potrebbero generare ulteriori venti contrari sul fronte macroeconomico» commentano gli analisti nel report, che evidenziano come «i settori manifatturiero, retail, delle materie prime e dei beni di consumo saranno i più penalizzati su scala globale, mentre ambiti come l’healthcare e il software-as-a-service potrebbero risultare più resilienti».
Assenti i grandi deal
In questo contesto il mercato ha visto una netta prevalenza di operazioni di add-on di dimensioni ridotte, a scapito dei deal di grandi dimensioni e delle operazioni di delisting. Nel primo trimestre si sono conclusi solo 11 i megadeal e il più rilevante è stata l’acquisizione da parte di Bain Capital di Apleona ceduta da PAI Partners in un’operazione tra sponsor, per un controvalore di 4 miliardi di euro.
I fondi di private equity hanno preferito puntare su acquisizioni di add-on, privilegiando così una strategia di crescita per linee esterne delle società in portafoglio. Così una quota pari al 38,7% del valore complessivo delle operazioni è derivato proprio da add-on buyout, in aumento di oltre 8 punti percentuali rispetto alla fine del 2024. In particolare, il segmento delle operazioni tra i 25 e i 100 milioni di euro ha rappresentato il 30,7% del numero complessivo dei deal e il 18,7% del valore totale, una quota nettamente superiore alla media degli ultimi dieci anni.
Nel trimestre si è inoltre registrato un lieve incremento delle operazioni di growth equity, cresciute del 15,5% su base trimestrale fino a toccare i 13 miliardi di euro. A differenza dei buyout, questi deal comportano in genere l’acquisizione di partecipazioni di minoranza, e quindi non di controllo.
Fonte: Il Sole 24 Ore