
Profuma di vino l’ospitalità d’autunno
Un tempo bastava un bicchiere in mano e un paio di scarpe comode per visitare una cantina. Oggi si arriva con un trolley, si dorme con vista sui vigneti e soprattutto si cena con menu degustazione firmati da chef con curricula internazionali. Nel mondo del vino l’ospitalità ha fatto un salto di qualità. E lo ha fatto in cucina. I ristoranti all’interno delle aziende vitivinicole non sono più un dettaglio accessorio o un vezzo da weekend, ma il centro di una narrazione più ambiziosa: quella di un territorio che si racconta non solo nel calice, ma anche nel piatto. E così, dal Piemonte alla Sicilia, si mangia (benissimo) proprio lì dove nasce il vino. Con buona pace di chi pensava che bastasse una cantina scenografica per fare enoturismo.
Ricerca e gusto nel piatto
L’Albereta a Erbusco, nel cuore della Franciacorta, è un luogo simbolo (e pioniere) di questa simbiosi tra vino e alta cucina. Il wine resort della famiglia Moretti è stato per più di vent’anni la casa di Gualtiero Marchesi e oggi è l’ottimo chef piemontese Alberto Quadrio – che del Maestro fu giovane allievo – a raccoglierne l’eredità e a guidare il ristorante L’Aurum (dal nome dell’alloro, la pianta più presente sulla Collina Bellavista). Lo fa attingendo agli orti e al frutteto della tenuta e potendo contare sulle altre materie prime provenienti da produttori locali selezionati. Gli Spaghetti freddi, erbe amare, storione marinato e le sue uova sono una dichiarazione d’intenti: tecnica, equilibrio e territorio.
Classe 1994, nato in Ucraina, formazione d’eccellenza (Crippa e Cannavacciuolo), Mykyta Bida è il nuovo chef di Radici, il ristorante di Le Marne Relais, nell’azienda agricola Mura Mura, fondata da Guido Martinetti e Federico Grom. Qui, tra le colline vitate di Costigliole d’Asti, in una sala con una volta in mattoni del 1878, Bida rilegge la tradizione piemontese con mano elegante e spirito contemporaneo. Un esempio? I Tajarin 30 tuorli, mantecati al burro affumicato e lievito madre, con pepe nero del Madagascar e polvere di lievito di birra.
Ci spostiamo nella laguna veneta, sull’isola di Mazzorbo: Venissa ha trasformato un antico vigneto murato e una manciata di case in un wine resort essenziale, silenzioso, circondato dall’acqua. La cucina “ambientale” firmata da Chiara Pavan e Francesco Brutto nasce da un’idea di sostenibilità radicale e concreta, che parte dall’orto e arriva fino al recupero delle specie “aliene” che abitano la laguna, come il granchio blu. Il vino Venissa, da uve Dorona, chiude il cerchio: è dorato, sapido, quasi salmastro. E accompagna piatti che dialogano, interpretano e custodiscono il luogo.
Dalla Val’Orcia al Chianti classico
In Toscana, tra Montalcino e il Chianti Classico, il legame tra vino e cucina trova una delle sue espressioni più compiute. Nel 2025 compie 10 anni Rosewood Castiglion del Bosco, wine resort con 42 suite e 11 ville private immerse in una tenuta di 2mila ettari nel Parco Naturale della Val d’Orcia. Con due stelle Michelin, il ristorante Campo del Drago è diventato una destinazione nella destinazione: merito dell’executive chef Matteo Temperini, autore di una cucina raffinata e viscerale. Nota per gli appassionati di vino: l’antico pozzo adiacente alla sala del ristorante è stato oggi trasformato – su idea di Massimo e Chiara Ferragamo – in un caveau dedicato ai tesori dell’enologia mondiale. Oltre alla verticale completa di Brunello di Montalcino di Castiglion del Bosco, la “Cantinetta di Massimo” ospita molte tra le annate più rare di Supertuscan, Champagne, Borgogna e Bordeaux.
Fonte: Il Sole 24 Ore