Puma affonda a Francoforte dopo la revisione a U delle stime 2025, ora atteso un rosso
(Il Sole 24 Ore Radiocor) – Risonante tonfo di Puma alla Borsa di Francoforte (DAX 30 ), dopo che il marchio tedesco di abbigliamento sportivo, azzoppato da dazi Usa e valute oltre che dal calo delle vendite, ha tagliato drasticamente la guidance del 2025 sulla scia di risultati trimestrali inferiori alle aspettative. Alla vigilia, dopo la chiusura della seduta, Puma ha reso nota la revisione a U delle stime per il 2025, che puntano ora a un calo del fatturato e a una perdita, «a causa dell’andamento inferiore alle attese dei ricavi e per le implicazioni dei dazi Usa».
In questa direzione del resto vanno i dati preliminari del secondo trimestre. Nei tre mesi a giugno Puma ha registrato un fatturato a tassi di cambio costanti di 1,94 miliardi di euro, in calo del 2% e al di sotto delle aspettative degli analisti. Le vendite in Nord America sono diminuite del 9,1% e in Europa del 3,9%. L’impatto valutario è stato negativo per 135 milioni di euro. Il margine lordo è diminuito di 70 punti base al 46,1% di riflesso principalmente alla maggiore attività promozionale e ai tassi di cambio. L’Ebit rettificato (esclusi i costi straordinari) è negativo per 13,2 milioni. Il trimestre si è concluso con una perdita netta di 247 milioni. Le giacenze sono aumentate del 9,7% su base reported e del 18,3% a cambi costanti a 2,15 miliardi di euro. Il primo semestre si è chiuso con una flessione del fatturato dell’1% a 4,02 miliardi e una perdita netta di 246,6 milioni. «Sullo sfondo della volatilità del contesto geopolitico e macroeconomico, Puma prevede che le sfide specifiche per il settore e la società continueranno ad influenzare negativamente la performance del 2025. I fattori chiave includono la mancanza di slancio del brand, cambiamenti nel mix di canali e qualità, l’impatto di dazi Usa e elevati livelli di giacenze». Nonostante le misure di «mitigazione quali l’ottimizzazione della catena dei fornitori, gli adeguamenti de prezzi e la collaborazione con i partner, i dazi Usa dovrebbero avere un impatto negativo di circa 80 milioni di euro sull’utile lordo».
Come gli altri giganti del settore quali Nike e Adidas, Puma produce e invia le sue sneaker, scarpe da corsa e abbigliamento negli Usa da Cina, Vietnam, Cambogia e Bangladesh, esponendosi così ai pesanti dazi doganali decisi da Washington a carico delle importazioni da quei Paesi. Puma prevede ora un calo delle vendite annuali di almeno il 10% a tassi di cambio costanti, mentre in precedenza aveva previsto una crescita compresa tra l’1% e il 5%. Per l’Ebit è attesa ora una perdita netta, che non viene quantificata contro il risultato positivo per 445-525 milioni indicato in precedenza. In merito alle difficoltà del brand, gli analisti rilevano che Puma sta faticando ad attrarre i consumatori e che il ritorno di sneaker retrò come la Speedcat non ha riscosso il successo sperato. Le difficoltà di vendita e profitti sono per altro in atto da tempo e in aprile il consiglio di amministrazione ha nominato un nuovo Ceo nella speranza di invertire la tendenza. Arthur Hoeld, ex responsabile vendite di Adidas, è entrato ufficialmente in carica il primo luglio. A marzo, Puma aveva già annunciato tagli al personale e messo in guardia dall’incertezza della domanda dei consumatori statunitensi.
Gli analisti di Jp Morgan hanno osservato che i risultati trimestrali di Puma e le sue previsioni aggiornate sono significativamente inferiori alle aspettative. «Prevediamo che gli utili per azione di consenso saranno rivisti al ribasso a seguito di questo nuovo warning e ci attendiamo una reazione negativa del mercato», hanno aggiunto. Gli esperti di Ubs hanno confermato il giudizio negativo sul titolo, mentre da Jefferies è stato ribadito il consiglio ‘Neutrale’.
Fonte: Il Sole 24 Ore