Qatar 2022, che delusione! Malinconica sconfitta dell’Italia a Vienna

Finalmente appare il vero protagonista: Il gioco del pallone. Che è cosi: brutale, cinico, perentorio nella sua semplicità. Dopo tante disquisizioni, dopo tanti dibattiti sui diritti e sugli affari, dopo una magnifica cerimonia d’apertura che sembra più olimpica che calcistica (con le struggenti e un filo retoriche parole del grande attore Morgan Freeman (“quello che ci unisce è più grande di quello che ci divide”), alla fine il Mondiale del deserto ha davvero inizio in questo futuribile contenitore che si chiama Al Bayt Stadium in un cielo da odissea nella spazio con i grattacieli che brillano come astronavi.

Tutto molto bello, tutto molto emozionante, quasi struggente come il dialogo di Freeman con un giovane disabile carismatico e comunicativo come una rock star. Perfino il pubblico, diviso tra tifosi locali ed ecuadoriani, sembra autentico e non fatto, come mormorano i maligni, di comparse ingaggiate ad hoc da spedire velocemente il giorno dopo in un altro stadio per riempirlo ancora.

Inizio spietato

Tutto bellissimo, dicevamo. Solo che poi la partita d’inaugurazione, Qatar- Ecuador, con i padroni di casa al debutto contro una squadra per nulla sprovveduta, ha il suo inizio. Ed è un inizio spietato, un brutale schiaffo di sincerità: dopo solo 120 secondi, sotto gli occhi smarriti dell’Emiro Hamad Al Tani, il Qatar è già sotto di un gol per colpa di una clamorosa “uscita a farfalle” (lessico del Novecento, ma sempre di valida attualità) del suo maldestro portiere, Saad Al Sheeb, che permette a Valencia, il bomber dell’Ecuador, di inzuccare in rete.

Sembra l’inizio di un incubo, o della favola in cui l’ingenuo fanciullo, tra lo stupore dei cortigiani, esclama che il Re è nudo. Fortunatamente, per far rifiatare l’Emiro Al Tani, interviene il Var che, con la nuova applicazione del fuorigioco semiautomatico, coglie una millimetrica irregolarità rimettendo il risultato in parità.

È d’obbligo una pausa per riaccendere il nostro orgoglio nazionale: perchè questa partenza del Mondiale è tutta Made in Italy. L’arbitro, che accoglie la decisione del Var, è infatti Daniele Orsato, apprezzatissima giacchetta nera nostrana. Gli assistenti sono Carbone e Giallatini, anche loro “compatrioti”, come direbbe il nostro presidente del Senato Ignazio La Russa. E anche gli addetti al Var, Irrati e Valeri, sono due italiani purosangue. Se poi aggiungiamo che la copertura a forma di tenda del deserto dello stadio è di un’azienda di Pordenone, e che la suggestiva cerimonia di apertura è stata affidata a Marco Balich, numero uno nel mondo, possiamo allora dire, con un certo orgoglio, che l’Italia migliore emerge anche tra i tesori del deserto.

Fonte: Il Sole 24 Ore