Quanto costa crescere un bambino in Europa
Il costo e la disponibilità dei servizi per la prima infanzia restano tra i principali ostacoli alla natalità in Europa. Nonostante i programmi di sostegno varati da molti governi, tra bonus, detrazioni fiscali e sussidi, le famiglie si trovano spesso a fronteggiare rette elevate, differenze territoriali e lunghe liste d’attesa. La situazione varia da Paese a Paese, ma le difficoltà ricorrenti sono tre: prezzi alti, accesso limitato e politiche frammentarie.
In diversi Stati membri i costi medi settimanali per un posto a tempo pieno in asilo nido superano i 180-200 euro, con punte molto più elevate nelle grandi città e nei centri più ricchi. In alcune aree urbane non è raro che le tariffe arrivino a 350 euro a settimana, mentre in altre zone i servizi pubblici consentono rette molto più basse o addirittura azzerate per le famiglie con redditi medio-bassi. Questa forbice riflette non solo le politiche nazionali ma anche quelle locali, creando forti disparità all’interno dello stesso Paese.
Irlanda: rette alte e liste d’attesa
In Irlanda il costo medio settimanale per un servizio di childcare a tempo pieno è di 190 euro, secondo i dati 2023/2024 di Pobal. Nelle grandi città come Dublino e Cork le cifre superano i 200 euro a settimana, arrivando fino a 260 euro a Dún Laoghaire–Rathdown, e in alcuni casi i provider chiedono fino a 370 euro. La spesa incide per circa il 17% del reddito disponibile medio delle famiglie. Il problema è aggravato dalle lunghe liste d’attesa: oltre 77 mila bambini risultano iscritti, spesso su più liste contemporaneamente. Lo Stato offre sostegni come il programma gratuito ECCE (3 ore al giorno per due anni, equivalente a circa 70 euro a settimana) e il National Childcare Scheme, con sussidi universali o basati sul reddito. Un tetto settimanale di 354 euro è stato introdotto per i provider aderenti al programma pubblico, ma molti stanno lasciando il sistema per aumentare liberamente le tariffe.
Italia: costi variabili e scarsità di posti
In Italia la differenza principale è tra nidi (0-3 anni) e scuole dell’infanzia (3-5 anni). Nei nidi comunali le rette variano molto a seconda della città e del reddito: fino a 669 euro al mese a Milano, 524 a Roma, 290 a Napoli, ma talvolta solo 50-100 euro. Nei nidi privati, i costi medi sono più elevati (639 euro a Milano, 476 a Roma, 350 a Napoli). Il vero problema è la scarsità di posti: nel 2022 solo il 30% dei bambini sotto i tre anni aveva accesso al servizio, con forti differenze regionali e liste d’attesa nel 60% dei nidi. Le famiglie possono beneficiare di rimborsi fiscali fino a 600 euro, del bonus nido (da 1.500 a 3.600 euro a seconda del reddito) e dell’assegno unico mensile (58–201 euro), ma il dibattito politico si concentra più sull’aumento dei posti che sui costi.
Francia: tariffe progressive e sostegno statale
In Francia le tariffe dei centri pubblici e privati dipendono dal reddito familiare e dal numero di figli. Ad esempio, una famiglia con un solo figlio e un reddito di 801 euro al mese paga circa 22 euro a settimana, mentre una con 8.500 euro ne spende circa 237. Per le micro-crèches, non regolate dalla CAF, i costi variano molto, ma le famiglie possono ricevere aiuti in base al reddito e al numero di figli. È previsto un credito d’imposta del 50% delle spese di childcare fino a 3.500 euro per bambino (massimo 1.750 euro). Negli ultimi anni sono emerse criticità qualitative nei servizi e alcune norme più severe sul personale hanno aumentato i costi. In media, le famiglie spendono tra il 6% e il 15% del reddito per la cura dei figli.
Fonte: Il Sole 24 Ore